Subito un decreto legge per evitare i ricorsi. Nello stesso provvedimento, o subito dopo, la definizione di tre scaglioni per stabilire quanto ridare e a chi. Poi più avanti, con la legge di Stabilità, l’arrivo della famosa flessibilità in uscita, cioè la possibilità di andare in pensione prima, accontentandosi però di un assegno più basso.
Si sta definendo in queste ore la strada che il governo vuole imboccare per risolvere il problema aperto dalla sentenza della Corte costituzionale, e cioè la bocciatura di quel passaggio della legge «salva Italia» che bloccava la rivalutazione delle pensioni per gli assegni sopra i 1.433 euro, tre volte il minimo Inps.
Quali potrebbero essere le nuove soglie? La prima è scontata: al di sotto dei 1.433 euro lordi al mese nulla era cambiato e nulla cambierà. Ci dovrebbe essere una soglia oltre la quale l’adeguamento era stato bloccato ma gli arretrati non saranno restituiti. Dovrebbe essere intorno ai 3.800 euro lordi al mese, otto volte l’assegno minimo. Ma non è da escludere che sia leggermente più bassa. Cosa succede a chi sta nel mezzo, cioè ha un assegno tra i 1.433 e i 3.800 euro lordi al mese? Il rimborso ci dovrebbe essere ma solo parziale, intorno al 50% del dovuto.
Prevedere tre scaglioni diversi per la rivalutazione non avrebbe solo il vantaggio di introdurre quella progressività che non c’era nel provvedimento del governo Monti e che viene invocata dalla Corte costituzionale. Ma limiterebbe anche il peso dell’operazione rimborso. Quantificare i costi, in realtà, è il primo punto da capire, sul quale attendono risposte anche da Bruxelles. Ieri il Nens, il centro studi fondato da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco, ha stimato un «buco» superiore ai 16 miliardi di euro. Dal governo dicono che gli arretrati ammonteranno al massimo a 10 miliardi di euro. Ma la somma scenderebbe se ricalcolo e rimborso dovessero essere parziali. Prima di prendere una decisione, dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il governo vedrà i sindacati. Fin qui il passato. Ma per le pensioni ancora da liquidare?
Se ne riparlerà con legge di Stabilità. «Vanno riallineati i benefici pensionistici ai contributi effettivamente versati — dice il responsabile economia del Pd Filippo Taddei — mantenendo l’equità e quindi intervenendo solo su quelle più alte». Parole che fanno tornare in pista l’ipotesi del ricalcolo delle pensioni più alte con il sistema contributivo, meno vantaggioso perché basato sui contributi versati e non sulla media degli ultimi stipendi. Proprio ieri l’Inps ha pubblicato i dati sulle pensioni in essere del Fondo elettrici: 4 su 5 sono più alte, anche del 40%, rispetto al livello che avrebbero avuto con il contributivo. Una mano, almeno, potrebbe arrivare dal fabbisogno statale: 29,5 miliardi di euro in questa prima parte dell’anno, 13 in meno rispetto allo stesso periodo del 2014.
Lorenzo Salvia – Il Corriere della Sera – 5 maggio 2015