La linea adottata dall’Inps con la circolare 74 di venerdì scorso, in merito alla rideterminazione dei trattamenti pensionistici troppo generosi, risulta essere particolarmente favorevole nei confronti dei lavoratori che alla fine del 2011 avevano già perfezionato un diritto a pensione.
Nei confronti dei lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, possono vantare almeno 18 anni di contributi, il Dl 201/2011 ha applicato il sistema contributivo pro rata dal 2012. I maggiori beneficiari sono stati coloro i quali, già al 2011, potevano vantare un diritto a pensione, o meglio, avevano già perfezionato l’anzianità massima contributiva di 40 anni e cessano con un’età anagrafica superiore all’età prevista per la pensione di vecchiaia.
La legge di stabilità (articolo 1, comma 707), al fine di limitare questi trattamenti favorevoli, oltre a stabilirne il ricalcolo e l’eventuale applicazione del nuovo importo più basso, ha previsto che l’importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo previgenti la riforma computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa.
Secondo le vecchie regole, le anzianità eccedenti il 40esimo anno contributivo risultavano ininfluenti al fine di incrementare la misura della pensione a causa del “congelamento” del coefficiente di rendimento. Il beneficio sulla rendita pensionistica si otteneva comunque perché, con retribuzioni in aumento, la media dell’ultimo periodo di riferimento (5/10 anni) ne risultava influenzata positivamente.
Con la circolare 74, l’Inps invece ha previsto la valorizzazione, con l’aliquota di rendimento del 2%, di tutti gli anni eccedenti il 40esimo. Tuttavia una lettura diversa del comma 707, che si presta a più interpretazioni, avrebbe portato a conclusioni diverse.
La norma prevede, infatti, la valorizzazione dell’anzianità contributiva «necessaria», il che potrebbe far supporre che in caso di un lavoratore con un diritto a pensione già maturato al 31 dicembre 2011, comunque la valorizzazione non sarebbe potuta andare oltre il 40esimo anno contributivo. Nel caso di anzianità superiori a 40 anni alla stessa data, nessun beneficio economico poteva essere riconosciuto al pensionato, poiché il «necessario» risultava ampiamente perfezionato.
Nell’ipotesi in cui il lavoratore non avesse maturato alcun diritto a pensione sempre alla data del 31 dicembre 2011, allora le letture avrebbero potuto essere due. La prima avrebbe riconosciuto – con il sistema retributivo – il periodo di tempo necessario per maturare il (primo) diritto a pensione. La seconda avrebbe applicato, in luogo del retributivo, il sistema contributivo per le anzianità eccedenti i 40 anni.
In altri termini, al lavoratore sarebbe stato garantito sempre e comunque un calcolo con il massimo coefficiente, integrato dal periodo di tempo necessario per conseguire la pensione con uno dei due sistemi sopra descritti. Infatti, in assenza di un diritto a pensione entro il 2011, la decorrenza della prestazione risulta essere sempre immediata per effetto del conglobamento delle finestre all’interno dei requisiti contributivi richiesti per l’accesso al pensionamento.
L’integrazione prevista tra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile sarebbe potuta essere riservata solo nei casi in cui la decorrenza non fosse risultata immediata, come per i lavoratori che continuano ad accedere alla pensione con le quote perché impiegati in lavori faticosi e pesanti.
L’applicazione delle due ipotesi alternative determina, in alcuni casi, tagli consistenti dell’assegno (si veda tabella qui sotto), mentre la lettura adottata dall’Inps può addirittura risultare più vantaggiosa per il pensionato, che in tal caso continuerà a incassare l’importo determinato dalla riforma Fornero.
Il Sole 24 Ore – 15 aprile 2015