Ma non è successo nulla: così per ora restano dove sono Il risultato è che l’abolizione di fatto resta una promessa. E il governo annuncia un decreto
ROBERTO MANIA. La lista dei “soprannumerari” non c’è ancora. I 20 mila potenziali esuberi delle Province per ora restano dove sono. Ieri doveva partire l’operazione mobilità, ma non è successo nulla. Il governo è corso ai ripari: in serata ha annunciato che arriverà un decreto. Comunque slittano i tempi. La riforma Delrio continua a rallentare il passo tra complicazioni burocratiche, incertezze normative, boicottaggio più o meno esplicito di alcune Regioni, conflitti interpretativi, ricorsi alla Corte costituzionale, proteste dei sindacati. La sostanziale abolizione delle Province, al di là della cancellazione degli organi elettivi, rimane una promessa. E i tagli (un miliardo di euro per il 2015) previsti dall’ultima legge di Stabilità mettono a rischio, secondo le Province stesse, i servizi per i cittadini e la tenuta dei bilanci provinciali, dopo che già Vibo Valentia e Biella sono finite in default e altre sono a un passo dal dissesto finanziario. È il caos Province.
Minimizza l’esecutivo. «Non c’è alcun ritardo doloso da parte delle Regioni — dice il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa — per quanto in alcune prevalgano valutazioni politiche anziché istituzionali. In ogni caso non si può misurare con il cronometro una riforma di questa portata con il ridisegno istituzionale degli enti locali e la più grande operazione di mobilità degli organici nella storia della Repubblica. È il risultato finale che conta».
La partita è complicata e si gioca su diversi piani con molti protagonisti. Le Regioni, innanzitutto. Spetta a loro legiferare sul trasferimento a se stesse delle funzioni provinciali. La riforma circoscrive le aree di competenza delle Province: tutela ambientale, edilizia scolastica, viabilità. Le Regioni devono fissare le modalità per il passaggio delle funzioni. Da queste dipende poi la lista dei lavoratori considerati soprannumerari, destinati ad essere trasferiti in altre amministrazioni (già è prevista la mobilità di mille lavoratori dalle Province agli uffici giudiziari). Ma poche Regioni finora hanno deciso. La legge l’hanno approvata la Toscana, l’Umbria, la Liguria e le Marche. L’Abruzzo lo farà entro la fine di questo mese, la Basilica- ta si sta preparando, l’Emilia Romagna punta a lasciare le competenze alle Province per le quali ha già stanziato 28 milioni, il Molise sta riorganizzando l’insieme della legislazione regionale, in Piemonte il disegno di legge è all’esame del Consiglio, anche il Lazio ha preparato la legge. Restano più indietro la Calabria, la Campania, il Veneto, la Lombardia e la Puglia. Non a caso queste ultime quattro Regioni (tre guidata dal centrodestra, la quarta dal leader di Sel Nichi Vendola) hanno promosso un ricorso sulla legge Delrio alla Consulta che però l’ha bocciato. Ora ne è arrivato un altro sui tagli finanziari fissati dalla legge di Stabilità.
Nei giorni scorsi i ministeri della Pubblica amministrazione e quello dell’Economia hanno stilato le tabelle di equiparazione per la mobilità dei dipendenti pubblici. Domani il ministro Marianna Madia ne discuterà con i sindacati che per l’11 aprile hanno indetto una manifestazione a Roma contro “la non-riforma”. L’opposizione dei sindacati è radicale.
È dunque una situazione a macchia di leopardo, destinata a congelarsi forse fino al prossimo autunno nelle Regioni (dal Veneto alla Puglia) che andranno al voto a maggio. Per provare a superare questo stallo, il governo prepara un decreto e le Province hanno deciso di compilare da oggi le liste dei lavoratori in eccedenza (tra questi anche i circa 5 mila che andranno in pensione entro il 31 dicembre del 2016) e a farlo tenendo conto delle competenze affidate loro dalla riforma.
Poi ci sono gli 8 mila addetti ai Centri provinciali per l’impiego. Il Jobs act prevede l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’impiego. Dunque dovrebbero passare allo Stato. Ma per capire il ginepraio normativo basti pensare che il lavoro è una competenza regionale affidata alle Province da una legge dello Stato. Infine il personale della polizia provinciale il cui passaggio negli organici statali è stato bloccato dalla Ragioneria. Potrebbero spostarsi presso le Regioni, ma non c’è — appunto — nulla di sicuro.
Repubblica – 1 aprile 2015