Si è aperta giovedì davanti al Gup del Tribunale di Roma l’udienza preliminare per le 41 persone accusate (naturalmente a vario titolo) di tentata epidemia, ricettazione, corruzione, concussione, abuso d’ufficio. Si tratta di dipendenti del Ministero della Salute, dirigenti degli Istituti zooprofilattici di Padova e Teramo e manager di aziende farmaceutiche che rischiano il rinvio a giudizio a conclusione di un’indagine della procura di Roma, nata da una informativa dei Nas del 9 aprile del 2005, su un presunto traffico illecito di virus.
Nell’udienza preliminare di giovedì, le difese degli accusati, convinte dell’assoluta insussistenza dei fatti contestati, dopo essersi costituite, hanno sollevato una serie di eccezioni tra cui quella sull’incompetenza territoriale di Roma, considerando che l’ultimo dei decessi riconducibili all’epidemia di aviaria è avvenuto nel veronese. Il giudice si è riservato, anche in merito alle richieste di eventuali riti alternativi, aggiornando l’udienza al 21 aprile. In quella sede deciderà se accogliere o meno le eccezioni delle difese.
L’inchiesta, di cui è titolare il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, indaga su un presunto commercio clandestino di agenti patogeni tra laboratori di ricerca e ditte farmaceutiche, che avrebbero moltiplicato i ricavi diffondendo la paura delle epidemie ed elaborando le relative contromisure. L’ipotesi formulata dal procuratore Capaldo è che dal 1999 al 2003 sia stata attiva un’associazione per delinquere che avrebbe utilizzato virus altamente patogeni del tipo H9 e H7N3, di provenienza illecita, «al fine di produrre in forma clandestina, senza la prescritta autorizzazione ministeriale, specialità medicinali ad uso veterinario, procedendo poi, sempre in forma illecita, alla loro commercializzazione e alla loro somministrazione agli animali avicoli di allevamenti intensivi» del nord Italia.
Nel 2007, dopo un sopralluogo dei carabinieri, l’Istituto di Legnaro aveva avviato un’istruttoria parallela, condotta con mezzi autonomi e chiusa qualche mese dopo senza esito.
Secondo la procura, poi, una parte degli indagati si sarebbe attivata per favorire sempre “gli interessi commerciali di una grande azienda farmaceutica, derivanti dalla vendita di ingenti quantitativi di vaccino per la ‘blue-tongue’ non necessari al fabbisogno nazionale, cagionando la diffusione della malattia, per siero conversione da virus vaccinale”.
Fonti di agenzia – 27 marzo 2015