Una corsa contro il tempo. Il Padiglione Italia dell’Expo non è ancora pronto, 500 persone stanno lavorando giorno e notte per chiudere il cantiere entro il 1 maggio, l’ultimo mese sarà duro. Eppure nell’anteprima dell’evento, che ieri ha riunito a Firenze in Palazzo Vecchio i tre quarti del governo e che la Rai ha trasmesso in una lunghissima diretta conclusa dal discorso di Sergio Mattarella, i ministri fanno a gare per assicurare che non c’è niente di cui preoccuparsi. «Ce la faremo», dice Maria Elena Boschi.
Lo stesso ripetono Martina, Franceschini, Gentiloni, Alfano, Giannini, Galletti e il commissario unico per Expo Giuseppe Sala, che si definisce “realisticamente sereno”. «Se all’apertura mancherà qualcosa», giura, «mancherà veramente pochissimo e nulla toglierà il piacere del visitatore. In questo momento stanno lavorando 6.500 persone ed erano quattromila non molte settimane fa. Abbiamo già venduto oltre 8 milioni di biglietti, il doppio di quanti ci aspettavamo».
La vigilia però è vissuta col fiatone. Di affanno finale parla anche il presidente della Repubblica. «L’intera Italia guarda ad Expo 2015. Le ultime giornate preparatorie », dice Mattarella, «sono le più affannose. Una corsa per completare i padiglioni e le proposte che ciascun paese in- tende avanzare». Guai a perdersi d’animo però. «Non può andare delusa la sfida rappresentata dall’approntamento di sistemi infrastrutturali e logistici complessi ». L’opportunità di mostrarsi al mondo per l’Italia può essere anche una grande occasione di riscatto. «L’immagine dell’Italia che viene a volte proposta », dice il capo dello Stato, «è quella di un paese di sommi cesellatori, chiamati a lavorare sul lavoro altrui e capaci di perfezionarlo. Ma non è un’immagine adeguata. La nostra cultura, specie in ambito artistico, si è caratterizzata per il coraggio della discontinuità, dell’invenzione, della progettazione ex novo, della ricerca oltre i confini conosciuti. E con il coraggio della discontinuità forse è il caso di non ritrarsi di fronte a innovazioni radicali, senza la nostalgia di esperienze ormai usurate». Un incoraggiamento a guardare avanti, a voltare pagina, a lasciarsi alle spalle polemiche e inchieste che anche il grande cantiere di Rho ha portato con sé. «Expo può essere paragonato ad un grande convoglio che fa irruzione sulla scena mondiale», dice ancora Mattarella, «per disseminare messaggi e contenuti che vogliamo positivi». Uno di questi sarà sicuramente la Carta di Milano, che rappresenta l’eredità immateriale deell’Expo 2015, sul cibo come diritto umano fondamentale, presentata da Salvatore Veca, presidente di Lab—Expo Fondazione Feltrinelli. «Sarà un atto di impegno globale che ognuno potrà firmare, chiunque sia e dovunque viva nel mondo», spiega il filosofo. Intorno a questo tema, di cui parlano a Firenze tra gli altri Emma Bonino e Romano Prodi, si gioca la scommessa dell’esposizione di Milano. L’Italia può avere qualcosa da insegnare, ricorda Mattarella. «La bellezza della natura, il lavoro plurisecolare dell’uomo hanno fatto del paesaggio agricolo del nostro paese qualcosa di inimitabile». In videocollegamento il segretario generale dell’Onu Ban Ki—Moon parla dell’Expo come «una chiamata lanciata a tutto il mondo per combattere la fame». Ma la prima sfida ora, per l’Italia, è completare il cantiere in tempo utile.
Repubblica – 29 marzo 2015