Massimo Gramellini. Il cortile di un pronto soccorso californiano. E un medico, appena uscito dalla sala operatoria dove ha provato invano a salvare un ragazzo ricoverato in condizioni disperate, che si appoggia al muretto con la testa china. La foto, scattata da un collega forse coinvolto nel medesimo intervento, è l’istantanea di una sconfitta, il momento in cui ogni persona si ritrova sola con i propri fantasmi.
Eppure in poche ore l’emozione catturata da questa immagine ha fatto il giro del mondo. Deve avere toccato qualche corda viva che le dosi quotidiane di cinismo non sono ancora riuscite ad anestetizzare. Racconta la storia drammatica e purtroppo comune di un medico che voleva risolvere un caso disperato e non c’è riuscito. Ci ha creduto, ci ha provato, ha perduto. Per lui quel ragazzo era uno sconosciuto. Però era lo sconosciuto che la vita gli aveva affidato, assegnandogliene la responsabilità.
La foto rubata compie il miracolo. Cogliendo la dimensione umana in un’intimità quasi pornografica, trasforma la tragedia in riscossa. Il dolore di questa persona dà improvvisamente un senso a tutto quello che fa. Dovrebbero farne un poster e appenderlo nelle facoltà di medicina.
La Stampa – 22 marzo 2015