Dal 2006 i farmacisti bloccano ogni riforma: da Monti a Renzi stesso risultato. Così pure i tassisti. Cambiare porti, aeroporti e bus locali? Se ne parla da tempo, meglio rimandare
Paolo Baroni. È solo un caso se in Italia, che ha il numero di farmacisti più alto d’Europa, ben 79mila contro i 72mila della Francia o i 52mila della Germania, non si riesce più a fare passi avanti sul fronte delle liberalizzazioni di farmaci e farmacie? Dal 2006, ovvero da quando il decreto Visco-Bersani ha aperto la prima breccia istituendo le parafarmacie, in questo campo l’apertura alla concorrenza s’è fermata. Ci aveva provato Monti nel 2011 a proporre di rendere libera la vendita dei medicinali di fascia C, ma poi ha dovuto fare dietrofront. E stessa sorte tocca ora a Renzi, che pure l’altro giorno ha iniziato a incrociare le spade con molte lobby varando un disegno di legge che interviene in tanti settori e intacca molti privilegi. Una cura di cui l’Italia ha particolarmente bisogno se si considera che il nostro Paese è agli ultimi posti in Europa con un indice di apertura alla concorrenza del 66%, stima l’Istituto Bruno Leoni, contro il 94% del Regno Unito. Solo Grecia e Lussemburgo fanno peggio di noi.
Medicina amara
Non solo sulle farmacie non si passa, ma non è passata nemmeno la richiesta avanzata a suo tempo dall’Antitrust di aumentare la diffusione di prodotti equivalenti, misura che oltre a disturbare i farmacisti non fa piacere nemmeno all’industriali del settore che sfornano prodotti “firmati” ben più cari. Cassate pure le proposte che puntavano ad aumentare il numero dei punti vendita. Potenza della lobby forse oggi tra le più potenti del Paese, ma non certo l’unica ad essersi attivata in queste settimane. Non importa che anche nelle parafarmacie e nei corner dei supermercati sia presente un farmacista e non importa che per questo genere di prodotti (antidolorifici e anti infiammatori) serva comunque la ricetta medica: è bastato evocare il rischio di favorire un abuso di farmaci su larga scala, e tirare il ballo il ministro della Salute Lorenzin (che non ha indugiato un attimo a schierarsi coi farmacisti, anziché coi loro clienti), per stroncare ancora una volta l’idea di sbloccare la vendita dei farmaci di fascia C.
Uber resta al palo
I taxisti non hanno dovuto fare lo stesso can-can. O meglio è bastata bloccare Torino per mezza giornata per mandare a “quelli di Roma” un messaggio chiaro: volete che vi blocchiamo il Paese nell’anno dell’Expo? Detto fatto, l’articolo che doveva fare cadere le barriere che ostacolano l’attivita di Uber o dei noleggi con conducente è svanito. Rinviato ad una legge delega già prevista dal Milleproroghe, si è affrettato ad assicurare il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Intanto la questione è stata rinviata.
Salvi porti e aeroporti
Rinviata anche la riforma del porti che, tra l’altro, avrebbe certamente guastato molti affari a tante autorità semplicemente impedendo a questi enti di gestire direttamente l’attività portuale o di farlo indirettamente attraverso società controllate che svolgono attività industriali o commerciali (altra richiesta specifica dell’Antitrust). Anche in questo caso Lupi ha spiegato di aver in cantiere una legge ad hoc avendo così buon gioco nel pretendere lo stralcio. Mai entrate nel menù nemmeno le richieste dell’Antitrust sugli aeroporti (gestione aree commerciali messe a gara) e sul trasporto pubblico locale.
Il muro di Comuni
L’Antitrust nella sua segnalazione annuale, che ha fatto da guida al lavoro dei tecnici del ministero dello Sviluppo, tra l’altro aveva evidenziato «la necessità di intervenire nei servizi pubblici locali e nelle società pubbliche al fine di superare quel “capitalismo pubblico” che non consente di raggiungere adeguati livelli di efficienza e di qualità dei servizi». Ed in particolare, nel comparto del trasporto locale, proponeva aprire a imprese diverse dai concessionari pubblici servizi di carattere commerciale come i trasporti turistici e i collegamenti con porti, aeroporti e stazioni ferroviarie, prevedendo anche la possibilità di fornire servizi in sovrapposizione alle linee gestite in regime di esclusiva. Niente da fare anche in questo caso in cui non è difficile intravedere lo zampino del “partito dei sindaci”, sempre geloso delle attività delle partecipate. Come del resto sui rifiuti, le cui attività di raccolta andrebbero messe una buona volta a gara.
Ania passa all’incasso
Anche norme come quelle sulle assicurazioni, che prevedono un severo giro di vite sulle truffe, anche se vengono presentate come importanti risultati a favore dei cittadini, lette con gli occhiali delle associazioni dei consumatori si trasformano in un “bel regalo” per la potentissima lobby delle assicurazioni, che questa volta sarebbe riuscita a far passare la legge scritta dalla loro associazione di categoria, l’Ania, garantendosi così un forte taglio dei rimborsi. Mentre i paventati sconti sulle tariffe rischiano di essere vanificati dall’aumento dei costi a cominciare da quelli legati all’installazione della scatola nera. Infine va detto che anche edicolanti e librai, questa volta l’anno fatta franca, ma in questo caso più che le pressioni dei settori interessati ha fatto premio la situazione ancora molto disastrata in cui versa il nostro comparto editoriale. Ovviamente la carica delle lobby non è finita. Adesso il disegno di legge arriva in Parlamento e il ministro dello Sviluppo Federica Guidi è preoccupata. Tanto più che tra la bozza iniziale e il ddl approvato venerdì si sono già persi per strada almeno 15 articoli sui 50 previsti.
La Stampa – 23 febbraio 2015