L’estensione della tutela della maternità a tutte le lavoratrici. Forse è questo il punto più importante fra i quattro indicati da Matteo Renzi nel tweet del mattino (gli altri sono partite Iva, fatturazione elettronica e co.co.co) per i decreti che andranno venerdì prossimo in Consiglio dei ministri. Cosa vuol dire?
La maternità sarà estesa a tutte le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell’Inps, come le partite Iva. A differenza di quanto avviene per le dipendenti, però, le «mamme autonome» non saranno obbligate a smettere di lavorare per cinque mesi, perché questo potrebbe essere un danno per la loro attività. Potranno scegliere se farlo oppure no. Se lo faranno, avranno diritto a un assegno finanziato in parte dallo Stato, in parte dai contributi di lavoratori e aziende. Il sostegno al reddito sarà garantito anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro: l’assegno sarà «anticipato» dall’Inps che poi si rivarrà sull’azienda. L’eventuale stop per maternità, non potrà portare all’interruzione del contratto. Tutte queste misure saranno contenute nel decreto attuativo del Jobs act che riguarda la cosiddetta conciliazione lavoro-famiglia.
Altri interventi sempre previsti dalla legge delega, come l’armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico, sono stati rinviati a un decreto successivo. Ma nel provvedimento in arrivo sul tavolo del Consiglio dei ministri ci sono altre due novità importanti che toccano tutte le madri lavoratrici, sia dipendenti sia autonome. «I giorni in cui il bambino è ricoverato in ospedale – spiega il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova – non saranno conteggiati come congedo di maternità, né obbligatorio né facoltativo». L’altro intervento riguarda i neonati prematuri: «Oggi se un bimbo nasce in anticipo rispetto alla data presunta del parto comunicata all’Inps – dice sempre Bellanova – quei giorni vengono persi ai fini del congedo obbligatorio. Il decreto dirà che sarà possibile recuperarli anche superando il limite dei tre mesi dopo la nascita». Sempre il 20 in Consiglio dei ministri arriverà anche il decreto attuativo che dovrebbe ridurre le forme di lavoro precario. Co.co.pro, i collaboratori a progetto, e co.co.co, i collaboratori continuativi, spariranno dal primo gennaio o dal primo marzo del 2016. I co.co.pro, i più precari di tutti, spariranno e basta. I co.co.co, invece, saranno in parte sostituiti da un contratto per i «lavoratori economicamente dipendenti», da definire. Ma su questo punto i lavori sono ancora in corso.
Lorenzo Salvia – Corriere della Sera – 15 febbraio 2015