«Carta di Milano» presentata come «l’eredità morale» di Expo 2015, è stata al centro di una giornata di confronto tra cinquecento esperti distribuiti in 42 tavoli tematici. Per i paesi che la faranno propria sarà un’assunzione di responsabilità nella battaglia per il diritto al cibo e contro diseguaglianze e sprechi. Il premier Renzi la considera un test per le ambizioni italiane. In un messaggio Papa Francesco ricorda tre obiettivi: equità, dignità della persona e custodia della Terra.
Per la prima volta nella storia delle Esposizioni universali che, a evento concluso, un’Expo lascerà in eredità un manifesto di impegni e priorità «frutto di un percorso condiviso e partecipato sul tema dell’Expo stesso», che nel 2015 sarà «Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita». Così il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina ha presentato la «Carta di Milano», l’eredità “morale” di Expo 2015 su cui sta lavorando da circa un paio di anni un gruppo di docenti e ricercatori coordinati da Laboratorio Expo e che ieri è stata al centro di 42 tavoli tematici a cui hanno partecipato oltre 500 esperti, durante il convegno «Expo delle idee».
Una prima versione ufficiale della Carta sarà presentata il 28 aprile, in occasione del terzo colloquio internazionale di Laboratorio Expo, il progetto di Expo Milano 2015 e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli curato da Salvatore Veca. L’ambizione della carta, ha spiegato Veca, è chiedere espressamente «un’assunzione di responsabilità, da parte di tutti, nella battaglia per il diritto al cibo e contro le diseguaglianze e gli sprechi alimentari», indicando contestualmente le priorità per raggiungere gli obiettivi.
«I contenuti della Carta emergono oggi per la prima volta – ha spiegato Martina – ma ci stanno lavorando da quasi due anni decine di ricercatori e universitari». E continueranno a lavorarci nei prossimi mesi, aprendosi ad altri contributi, per poi consegnare la Carta, sottoscritta da tutti coloro che ne condividono contenuti e obiettivi, al segretario dell’Onu Ban Ki-moon il prossimo ottobre, collegando così il semestre di Expo all’appuntamento degli Obiettivi del Millennio.
Dodici le priorità individuate dalla Carta di Milano, a cui Laboratorio Expo ha lavorato in collaborazione con 130 centri di ricerca nel mondo, a partire dall’idea del cibo e dei diritti, ma anche delle tecnologie come strumento per superare le diseguaglianze e dare vita a uno sviluppo sostenibile. Quattro le macro-aree affrontate: lo sviluppo tra equità e sostenibilità; cultura del cibo, energia per vivere insieme; agricoltura, alimenti e salute per un futuro sostenibile; la città umana, futuri possibili tra smart e slow city. La Carta si pone come una bussola per capire quale direzione e quali soluzioni adottare e si rivolge a quattro “target” di soggetti: cittadini, imprese, istituzioni e “corpi intermedi” (associazioni, partiti). Tutti, ha detto Veca, sono chiamati a dare il loro contributo per un futuro sostenibile. Avrà tre sezioni: una prima parte sarà un manifesto riassuntivo dei principi e degli obiettivi, la parte centrale sarà dedicata ai diritti e agli impegni di tutti i soggetti coinvolti, mentre l’ultima parte raccoglierà tutti i documenti elaborati sui temi della sostenibilità e dell’alimentazione.
La Carta di Milano ha perciò l’ambizione di «delineare l’agenda per uno sviluppo equo e sostenibile» e rappresenta per questo, secondo il ministro Martina, il valore aggiunto che l’Esposizione italiana vuole lasciare: non una generica dichiarazione di intenti, né un atto intergovernativo, calato dall’alto, ma un mosaico di documenti e contributi che nasce da un percorso condiviso e partecipato, aperto a tutti: «abbiamo l’ambizione di trasformare 20 milioni di visitatori di Expo in 20 milioni di ambasciatori del diritto al cibo nel mondo», ha concluso il ministro. Diritto che il ministro ha proposto di inserire nella Costituzione italiana nell’anno di Expo, incontrando il favore e l’appoggio anche del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: «Ci confronteremo su questo nelle prossime settimane – ha detto Boschi –. Credo sia sensato che avvenga nel nostro Paese, che è anche sede della Fao, e nell’anno in cui ospitiamo l’Expo».
Ma non c’è diritto al cibo, né lotta agli sprechi, senza una corretta educazione all’alimentazione sostenibile. Per questo Expo 2015 mette al centro il coinvolgimento dei giovani con l’obiettivo, ha spiegato ieri il presidente di Expo spa e commissario generale del Padiglione Italia Diana Bracco, di «contribuire ad attirare oltre 2 milioni di ragazzi italiani e stranieri a Expo». In questa direzione va il progetto Scuola, portato avanti in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, che «rappresenta la nostra comune volontà di fare dell’esposizione un evento che parli soprattutto alle giovani generazioni», ha aggiunto Bracco. Il ministro Stefania Giannini ha ricordato del resto che «tutta la filiera della conoscenza, dalla scuola alla ricerca, non può essere che attiva e protagonista di una Expo delle idee».
Purchè sia davvero la volta buona
di Luca Orlando. Siamo alla frutta. E va bene così. Perché le centinaia di casse di arance,mele e banane disseminate all’interno dell’hangar Bicocca, solo in apparenza possono sembrare la “profanazione” di uno dei luoghi simbolo della Milano meccanica che fu.
Incarnano piuttosto un punto di svolta, il momento di “lancio” dei contenuti di Expo 2015, il primo vero evento corale in cui istituzioni e imprese si alleano per iniziare concretamente a spostare il focus dal contenitore ai contenuti. Temi finora relegati sullo sfondo, messi in secondo piano anche dal percorso di avvicinamento accidentato e non proprio lineare all’evento, tra ritardi, litigi, mazzette e arresti. «Mi raccomando – ci dice il ministro Franceschini – voi giornalisti parlate un poco anche della parte positiva». In questo caso in effetti è più facile. Non tanto per l’attesa di uno sviluppo concreto immediato dal lato del “software”.
Difficile pensare che 500 persone divise in 42 tavoli in un hangar possano realizzare in qualche ora poco più che uno scambio di idee, una sorta di brainstorming. A maggior ragione se i temi discussi trattano ambiti da far tremare i polsi anche solo a maneggiarli da lontano, come “madre terra”, “fino all’ultima goccia d’acqua”, “guerra alla povertà”, “il mondo che ha fame”. La «parte positiva», per citare Franceschini, sta soprattutto altrove, nella messa a sistema dell’evento, nel vedere l’intero Governo presente, a testimoniare un investimento non solo finanziario ma anche e soprattutto di immagine, di credibilità.
E di più, francamente, ieri non si poteva fare: il messaggio del Papa e del Capo dello Stato, la chiusura del Presidente del Consiglio, nove ministri, lady Pesc, Lula in collegamento dal Brasile, imprenditori e manager. «Adesso Expo non è più associato alla parola scandalo – scandisce Renzi dal palco – adesso è un’occasione identitaria per il Paese». La sensazione è che ora la squadra marci compatta e che anche sul fronte dei temi sia stata infine trovata una posizione davvero nazionale. «Ma sì, è una buona soluzione», commenta Paolo Barilla. Che certo avrebbe preferito “marcare” Expo con il protocollo stilato dalla fondazione che fa capo al gruppo di Parma. Ma che comunque ora vede recepiti gli stessi contenuti nella più ampia Carta di Milano, documento su cui si spendono le istituzioni e che può diventare sui temi del cibo e della sostenibilità ciò che il protocollo di Kyoto ha rappresentato per il clima. «Quando l’Italia fa ciò che deve – dice il premier dal palco – davvero non ce n’è per nessuno». L’applauso è convinto. E in effetti è bene per tutti che sia proprio così.
Il Sole 24 Ore – 8 febbaio 2015