La diretta e inevitabile conseguenza di un procedimento disciplinare durato quattro mesi, conclusosi con la «sentenza» del comitato di disciplina presieduto da Paolo Montresor, che ha indicato nel licenziamento per giusta causa e senza preavviso la giusta punizione. Il direttore generale Maria Giuseppina Bonavina ne ha preso atto, firmando la delibera che ha messo fine (almeno per ora) alla pluriennale carriera del dottor Giovanni Serpelloni all’interno dell’Usl 20 di Verona e, in particolare, nel dipartimento delle dipendenze (Sert), che ha diretto dal 2000 salvo i sei anni a capo del dipartimento Antidroga della presidenza del consiglio dei Ministri a Roma, da dove era rientrato nell’aprile scorso.
Questo l’iter procedurale che ha portato al clamoroso provvedimento di venerdì. E considerando che altri due storici collaboratori di Serpelloni, i dottori Maurizio Gomma e Oliviero Bosco, sono egualmente stati licenziati, si può ben intuire la portata della scure della dirigenza dell’Usl 20 contro i vertici di una struttura delicata come il Sert, che si occupa della cura e del trattamento dei tossicodipendenti. Ma cosa è costato il posto di lavoro a Serpelloni? In sostanza, l’aver rivendicato – assieme a Oliviero e Gomma (che però è stato licenziato per ragioni diverse) – i diritti intellettuali di un software clinico chiamato Mpf, di proprietà esclusiva dell’Usl 20 ma sviluppato dai tre medici nel corso di 20 anni di lavoro, che serve a monitorare le fasi di assistenza e cura ai soggetti affetti da dipendenze (alcol, droghe) anche al fine di creare un grande database fruibile dagli enti pubblici preposti.
Una volta che l’Usl 20 ha concesso il riuso del software alla Regione Friuli Venezia Giulia, i tre medici, che se ne considerano «titolari esclusivi di tutti i diritti di utilizzazione, di sfruttamento e morali», si sono rivolti per la propria tutela al Codacons. L’associazione dei consumatori, dopo essersi sentita rispondere picche alla diffida all’Usl perché revocasse il provvedimento, ha presentato ricorso al Tar (l’udienza sarà il prossimo 23 aprile). È successivamente a questo passaggio – e nello specifico l’8 ottobre scorso – che il dg Bonavina avvia il procedimento disciplinare che sfocerà nel licenziamento. La tesi dell’Usl 20 è che i medici abbiano rivendicato la proprietà di qualcosa che non gli appartiene, arrivando a cedere allo stesso Codacons i «diritti di gestione, utilizzo e sfruttamento commerciale» del programma e depositando alla Siae i manuali operativi (cosa effettivamente avvenuta il 3 settembre). Il Codacons ha diffuso ieri una durissima nota nei confronti di Bonavina. «Per difendere presunti diritti di una società di capitali», si legge, la dg «ha praticamente chiuso il dipartimento di cura delle dipendenze di Verona licenziando tutti i medici che vi erano addetti». La società cui si fa riferimento è Ciditech, che ha sviluppato il software Mfp e a cui i tre medici avevano chiesto nel dicembre 2013 100mila euro «a saldo forfettario e risarcitario», da versare poi all’Usl 20. Secondo il Codacons, la «reazione violenta» della Bonavina sarebbe un «il capriccio», anzi la «folia di un burocrate» conseguente alla nuova denuncia dell’associazione contro la dg per «aver tentato di annullare una gara di appalto che non era stata vinta dalla solita ditta privata sponsorizzata dalla dirigente». «Gli uffici hanno rescisso il contratto per inadempienze. Ma a momento debito vedremo di chi sono veramente questi capitali e verranno fuori anche le parentele», replica il dg Bonavina, che per il resto dice di non voler scendere ai «loro livelli» e che risponderà «nelle sedi opportune». Una sola cosa tiene a precisare il dg: il dipartimento delle dipendenze, «resta nelle mani di professionisti seri e qualificati, cresciuti alla scuola di Serpelloni». Una risposta indiretta all’ex direttore, che commentando la riorganizzazione interna dopo i licenziamenti, parla di «bluff», di «seconde linee promosse a posti di comando». E annuncia una nuova, clamorosa iniziativa, oltre al prossimo ricorso al Tribunale del Lavoro: «Ho già provveduto a denunciare due persone che hanno rilasciato falsa testimonianza per incastrarmi. Sarà interessante scoprire da chi sono state manipolate». È sempre più una spy story: e siamo solo ai primi capitoli.
Lo avevano soprannominato lo «Zar dell’antidroga» ed effettivamente Giovanni Serpelloni – un po’ come il personaggio interpretato da Micheal Douglas nel film Traffic – è stato per anni il plenipotenziario assoluto delle politiche di contrasto agli stupefacenti, grande alfiere della tesi per cui non esiste distinzione tra droghe pesanti e leggere. Nel luglio 2008, l’allora sottosegretario Carlo Giovanardi – famoso per le sue posizioni iper proibizioniste sfociate poi nella legge redatta con Gianfranco Fini, bocciata giusto un anno fa dalla Consulta – lo chiama a Roma per dirigere il dipartimento delle Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, dove resterà fino all’aprile scorso resistendo a tre governi (ma non a Renzi). Era così tornato a Verona, al suo vecchio posto di direttore del Dipartimento delle dipendenze (Sert). Questo fino a venerdì, quando è stato licenziato in tronco, per «giusta causa» e senza preavviso, dalla direttrice dell’Usl 20 di Verona Maria Giuseppina Bonavina, al termine di un procedimento disciplinare di quattro mesi. Stessa sorte è toccata anche a due suoi storici collaboratori, i dottori Maurizio Gomma (allontanato già a novembre) e Oliviero Bosco.
Ma cosa è costato il posto a Serpelloni? In sostanza, l’aver rivendicato – assieme a Oliviero e Gomma (che però è stato licenziato per ragioni diverse) – i diritti intellettuali di un software clinico chiamato Mpf, di proprietà esclusiva dell’Usl 20 ma sviluppato dai tre medici nel corso di 20 anni di lavoro, che serve a monitorare le fasi di assistenza e cura ai soggetti affetti da dipendenze (alcol, droghe) anche al fine di creare un grande database fruibile dagli enti pubblici preposti.
Una volta che l’Usl 20 ha concesso il riuso del software alla Regione Friuli Venezia Giulia, i tre medici, che se ne considerano «titolari esclusivi di tutti i diritti di utilizzazione, di sfruttamento e morali», si sono rivolti per la propria tutela al Codacons, che ha fatto ricorso al Tar. È successivamente a questo passaggio – e nello specifico l’8 ottobre scorso – che il dg Bonavina avvia il procedimento disciplinare che sfocerà nel licenziamento. La tesi dell’Usl 20 è che i medici abbiano rivendicato la proprietà di qualcosa che non gli appartiene, arrivando a cedere allo stesso Codacons i «diritti di gestione, utilizzo e sfruttamento commerciale» del programma e depositando alla Siae i manuali operativi (cosa effettivamente avvenuta il 3 settembre). Nuove code giudiziarie sono assicurate, con il Codacons sul piede di guerra, Serpelloni che dice di aver denunciato per falsa testimonianza due persone che lo hanno «incastrato» e Bonavina che rimanda alle «sedi opportune» tutte le risposte del caso.
In difesa del suo «pupillo», si è fatto sentire ieri il senatore Carlo Giovanardi: «Ho constatato di persona alla Casa Bianca, a Washington, all’ Onu a New York, a Vienna nell’ambito delle conferenze annuali sulla droga, la stima e la considerazione di cui è circondato», afferma. Così, la notizia del suo licenziamento «lascia esterrefatti, e fa venire in mente quella famosa frase di denuncia dello strapotere dei burocrati: “quando piccoli uomini (o donne) lasciano lunghe ombre vuol dire che siamo al tramonto”».
Il Corriere del Veneto – 1 febbraio 2015