diRoberto Turno. C’è un convitato di pietra al tavolo dei tagli alle Regioni imbandito dal Governo con la manovra 2015. Tagli agli italiani, per dirla tutta. Dove l’ospite sgradito al banchetto già di per sé indigesto, rischia sempre più seriamente di essere la salute e dunque le cure agli italiani. Al Nord come al Sud, nelle Regioni con i conti in regola come in quelle con i bilanci già più o meno dissestati. Perché l’Italia e le sue manovre davvero non si fanno mai mancare niente e non finiscono di sorprendere perfino gli osservatori meno superficiali, in un impasto di “non detto” che ancora una volta ci fa poco onore.
Capita infatti che il Governo con la manovra 2015 abbia da una parte aumentato di 2 mld i fondi al Ssn, ma dall’altra abbia tagliato ai bilanci dei governatori 4 mld, con l’aggiunta di altri 1,65 mld di tagli ereditati dal passato e da attuare quest’anno, oltre ad altri 600 mln di vecchia Irap. Qualcosa come 6,2 mld da recuperare quest’anno. E capita ancora che intanto lo stesso Governo abbia detto: la sanità non la tagliamo. Certo, perché per forza di cose dovranno farli le Regioni quei tagli. E dove pescare se non nella sanità che per inciso rappresenta l’80% dei loro bilanci?
Non esattamente un bell’esempio di trasparenza e di responsabilità, da parte del Governo. E non per stare dalla parte delle Regioni, che non sempre meritano pacche sulle spalle quanto a buona condotta. Fatto sta che in questo frangente – chi si prende la responsabilità di dire: sì, taglio io – l’incertezza è massima. E gli italiani resteranno all’oscuro di tutto fino a che non si vedranno recapitare alla asl o in ospedale la cattiva notizia delle cure che sempre meno saranno gratuite. E anche sempre meno di qualità se è vero che, senza fondi, gli investimenti possono attendere.
Intanto i Governatori vanno in ordine sparso. Il Veneto agita lo spettro di un colpo d’accetta alla salute da 240 mln, la Toscana prepara una maxi riforma interna e invita tutte le regioni ad agire proprio sulla sanità e sulle politiche di spesa per evitare di restare spiazzati dalle scelte del Governo. Le regioni in piano di rientro dicono di non poter tagliare oltre, a meno di ridurre i servizi per la salute ai minimi termini. E tutto questo quando mancano meno di due settimane alla data, il 31 gennaio, che la manovra indica come limite per le scelte locali, dopo di che ci dovrebbe pensare il Governo. Anche se i dubbi sono legittimi: a maggio si vota e nessuno (né il Governo, né le Regioni) vorrà restare con in mano il cerino acceso dei tagli, davvero poco popolari nelle urne. Che tutto slitti? Che si faccia come sempre all’italiana? Certo è che intanto del mitico «Patto per la salute» finora non c’è traccia alcuna: e dire che tante scadenze sono trascorse invano dall’accordo di sei mesi fa. Forse in settimana arriverà la bozza dei nuovi Lea, le cure che lo Stato passa gratis o quasi. Ma tutto il resto, ospedali inclusi, è nel libro dei sogni. E i governatori ora alzano il tiro: «No money, no Patto». La pubblicità fa scuola anche in fatto di conti pubblici.
Il Sole 24 Ore – 19 gennaio 2014