Flavia Amabile. A fine agosto il piano era pronto: test di medicina cancellato già da quest’anno. Ma i rettori si sono rifiutati, le università non ce la farebbero mai nella situazione attuale ad accogliere in un colpo solo 65 mila aspiranti medici. Quindi, alla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini non è rimasto che fare marcia indietro: cancellato, per il momento, il piano anti-test.
E per chi spera di iscriversi a medicina le regole tornano ad essere quelle di due anni fa, secondo il consueto valzer di annunci, smentite, due passi avanti e quattro indietro che è diventata la vita degli studenti in Italia e, in particolare, di chi vuole accedere alle facoltà a numero chiuso.
Il test, quindi, si terrà nella prima decade di settembre «auspicabilmente anticipato da una preparazione più mirata alle prove che gli atenei si sono detti disponibili a organizzare», ha annunciato la ministra durante un’audizione presso le commissioni riunite Cultura e Affari sociali. Cancellato, insomma, anche l’anticipo delle prove ad aprile che l’anno scorso aveva creato molto disagio.
Le novità
Si torna indietro ma solo fino ad un certo punto. Il prossimo test conterrà anche alcune novità. Saranno introdotte «forme di orientamento per gli studenti delle Superiori anche attraverso test autovalutativi che sondino inclinazioni e attitudini. Da questo mi aspetto un risultato significativo», spiega la ministra.
Il problema del Miur è, infatti, innanzitutto ridurre gli aspiranti medici a «un numero ragionevole». Il rapporto è di più di 6 candidati per ogni posto disponibile «Nell’anno accademico 2014/2015, al test per l’accesso al corso di Medicina si sono presentati 63 mila studenti, a fronte di 10 mila posti disponibili».
Identico problema per quel che riguarda le specializzazioni. «Sono stati in 12 mila laureati a partecipare alle prove di selezione – spiega la ministra – a fronte di un fabbisogno di 8.200 posti e di un’erogazione di borse arrivata miracolosamente a quota 5.500. Abbiamo un imbuto che dobbiamo trasformare in cilindro». La ministra ha anche promesso che si eviteranno le domande «che hanno costituito un punto di aspra polemica».
A chi le ricorda gli annunci di quest’estate e la brusca giravolta risponde: «Nessuna marcia indietro. Quest’anno perfezioniamo il modello esistente ma non dobbiamo precluderci la possibilità di riflettere su un diverso modello di selezione». In prospettiva, infatti, resta in piedi l’ipotesi di organizzare l’accesso secondo il modello francese «eticamente più accettabile» ha concluso la ministra.
I problemi
La verità è che oltre all’opposizione dei rettori la ministra ha anche incontrato i parlamentari della commissione Sanità che le hanno posto alcuni problemi. «Oggi il nostro problema è che vengono formati meno medici di quelli che vengono assorbiti», spiega Piepaolo Vargiu, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera «Sarebbe utile capire – prosegue – come viene fatta questa programmazione, se poi ci sono sul territorio i medici che servono. Attualmente ne entrano nelle scuole di specializzazione circa 6 mila, 2 mila in meno di quelli che poi servono».
Altre novità sul fronte delle specializzazioni possono arrivare anche dalle Regioni che vorrebbero pagare gli specializzandi, prevedendo più ore in reparto e meno di didattica. Se ne parlerà venerdì in un incontro al Miur.
La Stampa – 14 gennaio 2015