Costretto dalla “ non validazione” delle sue stime sul Pil a tornare in Parlamento, ventiquattr’ore dopo l’audizione, per giustificarsi, il ministro dell’Economia Giovanni Tria si difende e contrattacca. Definisce “ obsolete” rispetto alle “ ultime scelte dell’esecutivo” le previsioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, chiede “rispetto” per i tecnici del Tesoro che le hanno elaborate e svela i contenuti della manovra, che saranno inviati a Bruxelles lunedì prossimo nel previsto Draft Budgetary Plan. Ai rilievi di Bankitalia e Corte di conti sul debito replica: “Non mettiamo in discussione la sua sostenibilità” e sul Pil avanza le sue proiezioni: a bocce ferme il Pil del prossimo anno crescerebbe dello 0,9, la manovra produrrà uno 0,6: la somma è l’1,5 previsto dalla Nadef.
Neanche il tempo di tirare il respiro e ieri sera una nuova doccia fredda si è riversata sull’Italia. L’agenzia di rating Fitch ha emesso una nota in cui si rileva che “ i nuovi obiettivi di deficit contenuti nella Nadef mettono a rischio i conti” e che la situazione è resa più pesante dalle “tensioni dentro la coalizione”. Fin dal 2020 debito e deficit cresceranno più delle stime del governo e il Pil del prossimo anno sarà solo dell’1,2 per cento.
Tornando a Tria, di fatto quella di ieri è la prima informazione che viene dal Tesoro sulla ripartizione della manovra, dopo i comunicati congiunti di Lega e M5S e le indicazioni fatte filtrare da Palazzo Chigi. La manovra sarà di 36,7 miliardi di cui 21,7 saranno finanziati in deficit e 15 dovranno essere coperti. Ovvero, come si era ampiamente capito, il festeggiato 2,4 per cento di deficit- Pil basta appena per partire, coprendo la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva e le spese indifferibili, poi c’è uno 0,4 per cento destinato, in parti uguali, a investimenti e ad una piccola porzione del contratto. Morale: bisogna trovare 15 miliardi di coperture che Tria, per la prima volta, declina: 8,1 aumenti di entrate e 6,9 miliardi di tagli.
Tria consegna l’atteso elenco da 36,7 miliardi. Parte da legge Fornero e reddito di cittadinanza che costeranno, sommati, 16 miliardi, non scioglie il “ nodo” di quanto andrà all’una e all’altra: sarà oggetto del braccio di ferro degli ultimi giorni. Poi assegna 600 milioni alla flat tax per 2019: a testimonianza del clima teso Salvini subito si inalbera e reclama 1,7 miliardi, salvo poi scoprire – dopo nota del Tesoro – che nella media dei tre anni la somma si avvicina a 1,7 miliardi. Al menù, elencato da Tria, si aggiungono gli investimenti pubblici ( 3,5 miliardi), pubblico impiego (1,8 miliardi), le spese indifferibili (2,3 miliardi) oltre ai 12,5 miliardi per l’Iva.
Il problema a questo punto è quello delle coperture. Trovare 8,1 miliardi di aumento di entrate non è facile e lo sguardo si posa sulle agevolazioni fiscali ( 2 miliardi dalla scure sulle detrazioni). Sul fronte tagli si punta alla spending review, dalla quale si conta sempre di poter recuperare 2- 3 miliardi: 500 milioni saranno intanto tolti alla Difesa e 500 agli altri ministeri.
Nelle tabelle di Tria non c’è la voce condono: il decreto slittato a lunedì nelle bozze parla di 11 miliardi in cinque anni. Ma sul testo che prevede una rottamazione ter, con pagamento delle imposte dovute e sconto su interessi e sanzioni per cartelle e accertamenti iscritti a ruolo, c’è maretta. I 5stelle vorrebbero inserire una sanatoria completa, al 15 per cento, per i mini-ruoli sotto i 1.000 euro. I leghisti non obiettano ma rilancerebbero con una sorta di voluntary per il contante emerso con la possibilità di chiudere la partita al 15%.
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