Come dimostrano i numeri qui accanto non è così semplice immaginare un intervento unico per tutti i corsi ad accesso programmato. Medicina è il caso più urgente. Innanzitutto per la platea interessata. Anche nel 2018 gli aspiranti “camici bianchi” risultati idonei ai test di ingresso hanno superato di oltre quattro volte i posti disponibili. Per superare la discrepanza tra domanda e offerta la ministra Grillo sta pensando al modello francese. Lo stesso che sposta la selezione alla fine del primo anno sulla base dei crediti ottenuti e che aveva già affascinato il Governo Renzi. Senza però che l’idea sia stata tradotta in pratica. Complici le resistenze dei rettori che avrebbero non poche difficoltà a sistemare, anche fisicamente, 40mila matricole.
PENOCCHIO: Domande motivazionali all’interno dei quiz
«In futuro rischiamo di avere tanti veterinari a spasso e nessuno che voglia andare in una stalla». È lo scenario delineato da Gaetano Penocchio, presidente della Federazione nazionale degli Ordini veterinari (Fnovi), a supporto della richiesta già avanzata dalla categoria di rivedere i test di ingresso. «Per un corso che chiamerei ad accesso programmato e non a numero chiuso – aggiunge – perché i veterinari che già ci sono bastano e avanzano. Tant’è che uno su sei di quelli che ci sono in Europa è italiano». A suo giudizio il vero problema è che chi si iscrive alla facoltà di veterinaria lo fa immaginando di curare cani, gatti e altri pets. Difficilmente di doversi recare in un mattatoio o in una porcilaia. Da qui la sua richiesta di rafforzare le attività di orientamento in una fase antecedente alle iscrizioni oltre che di disegnare diversamente i corsi di laurea. E su questo c’è già un’interlocuzione in corso con i direttori dei dipartimenti universitari per fare fronte comune. «La vera esigenza non è sul numero degli ingressi ma sui profili», sottolinea. Per valutare a monte l’interesse reale a svolgere la professione – dice – «servirebbero delle domande di tipo motivazionale all’interno dei test».
Una soluzione che va bene per medicina non è detto che sia adatta per architettura. Anzi. Quest’anno i vincitori dei quiz sono stati inferiori ai posti messi a bando: 5.720 a fronte di 7.148 disponibilità. Tant’è vero che, per i professionisti del settore (su cui si veda altro articolo in pagina) il tema sembra essere più l’attualità o meno della graduatoria unica nazionale e delle procedure di mobilità che l’abolizione del numero chiuso. Vista la polarizzazione sempre più in atto delle domande verso poche, grandi, scuole. Con tanti piccoli atenei che ricevono sistematicamente un numero di richieste inferiore agli spazi liberi.
Le soluzioni allo studio
Di Giulia Grillo si è detto. E la soluzione che guarda oltralpe sembrava trovare d’accordo anche il Carroccio. In una proposta di legge depositata alla Camera dal deputato leghista Paolo Tiramani si propone la cancellazione del numero chiuso per medicina e odontoiatria, architettura e veterinaria. Affidando a un decreto ministeriale del Miur il compito di stabilire «i meccanismi selettivi per gli studenti iscritti a corsi universitari, consistenti nella fissazione di quote minime di esami di profitto da superare, nel primo anno di corso».
Con deroghe ad hoc per studenti lavoratori, con familiari a carico o difficoltà di salute. Ma il Pnr approvato giovedì rende il quadro un po’ meno certo. Limitandosi a proporre la revisione del numero chiuso «attraverso un modello che assicuri procedure idonee a orientare gli studenti verso le loro effettive attitudini». Rimescolando di fatto le carte.