Studi accademici hanno scoperto che mangiare fuori casa riduce la qualità della nostra alimentazione. Incrementa il contenuto di grassi saturi e solidi sul totale delle calorie che assumiamo, così come l’ammontare di zucchero che consumiamo per 1.000 calorie al giorno. Con il rischio di diventare obesi e di veder aumentare le probabilità di malattie croniche.
Ad affermarlo è uno studio curato dall’Advisory Board del fondo Pictet-Nutrition di Pictet Asset Management che ha preso in esame il mercato americano del cibo fuori casa (food away from home – Fafh), il quale – per la prima volta – ha superato quello domestico raggiungendo la quota di oltre 730 miliardi di dollari l’anno. Un sorpasso “storico” che, secondo la ricerca, ha un costo economico necessario per curare le malattie legate ad una alimentazione errata. Un costo che si aggira intorno a circa 2.000 miliardi di dollari l’anno, il 2,8% del Pil globale.
La ricerca mostra inoltre che mangiare fuori casa incide negativamente anche sull’ambiente contribuendo allo spreco alimentare e alle emissioni di anidride carbonica che crescono in proporzioni maggiori rispetto a quelle dell’India intera, il terzo Paese al mondo per emissioni di gas serra. Un fenomeno, quello del Fafh, che secondo l’analisi del fondo è destinato ad incrementare ulteriormente. E non solo negli Stati Uniti ma in tutti i paesi sviluppati ed emergenti che sono la “culla” di una popolazione urbana in costante crescita. Da qui la necessità – da parte delle imprese del settore – di correre ai ripari per fornire cibo sempre più sano e più sostenibile dal punto di vista ambientale. E questo, a detta dell’Advisory Board del fondo, potrebbe creare molte opportunità di investimento nel comparto delle tecnologie legate all’industria alimentare.
Non a caso, di recente, i produttori hanno iniziato a sviluppare un ampio numero di nuove tecnologie che prendono spunto da metodi tradizionali di conservazione del cibo – come utilizzare le alte o basse temperature – per migliorare sia il sapore che i tempi di scadenza, senza l’aiuto di ingredienti dannosi per la salute. Ad esempio, riporta lo studio, alcune società stanno sviluppando sistemi basati sulla luce ultravioletta, le frequenze radio o i fasci di elettroni per migliorare il metodo conosciuto come “pastorizzazione lampo”, che utilizza le alte temperature per uccidere i micro-organismi come le muffe e i batteri. Altri stanno sviluppando una versione “a freddo” della pastorizzazione a caldo, conosciuta col nome di “pressione fredda”, che utilizza le basse temperature e l’alta pressione per eliminare i micro-organismi.
In altri passaggi della catena alimentare, aggiunge ancora lo studio, alcuni fornitori stanno introducendo la prossima generazione di soluzioni per il confezionamento del cibo con lo scopo di garantirne sicurezza, freschezza e valori nutrizionali, senza comprometterne la convenienza. Queste tecnologie includono sensori avanzati, codici QR, etichette intelligenti, così come imballaggi ad atmosfera modificata (o con quantità di ossigeno ridotta). Altre società invece offrono prodotti e servizi come i magazzini refrigerati o i sistemi di distribuzione con temperatura controllata che sono essenziali per garantire il funzionamento della “catena del freddo”, che aiuta a estendere la durata dei prodotti confezionati o di quelli freschi.
Lo studio sottolinea poi che l’adozione di tutti questi servizi e tecnologie sta accelerando grazie alla crescente consapevolezza dei consumatori dell’importanza della corretta alimentazione per la propria salute e il proprio benessere. A testimoniarlo è anche una ricerca del Dipartimento americano dell’Agricoltura che mostra come alcuni effetti negativi del mangiare fuori casa sulla qualità dell’alimentazione siano diminuiti negli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda il consumo di grano integrale, sodio e verdure.
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