di Amedeo Di Filippo. È legittimo il provvedimento col quale il ministero della Salute ha negato l’accesso alle informazioni e ai documenti sull’importazione di latte e prodotti lattiero-caseari da Paesi extra-Ue, in quanto la richiesta impone un’attività amministrativa straordinaria in ragione della numerosità dei controinteressati da consultare e della notevole mole di materiale da raccogliere. Lo ha stabilito il Tar Lazio con la sentenza 2994/2018.
Il caso
Il ricorso ha per oggetto l’accesso civico avanzato dalla Coldiretti ai provvedimenti del ministero della Salute concernenti i dati e documenti relativi al latte e prodotti lattiero-caseari provenienti da paesi non Ue e le informazioni sulle operazioni di entrata, uscita, transito e deposito di materie prime provenienti da Paesi comunitari e non. Il ministero ha prima eccepito la genericità della richiesta e la mancata individuazione dei soggetti controinteressati, chiedendo di circostanziare l’istanza; poi ha prospettato un problema di protezione e tutela dei dati personali e di interessi economici e commerciali delle ditte interessate. Non ha infine negato l’accesso, ma ha proposto di fornire un report contenente le informazioni aggregate per Paese estero di spedizione e per provincia di destinazione in Italia, senza i riferimenti delle ditte individuali e dei soggetti giuridici nazionali o esteri.
Le tesi del ricorrente. Gli argomenti della richiesta
Diversi i motivi di censura mossi da Coldiretti. Con il primo lamenta che la finalità della nuova disciplina dell’accesso civico è di favorire forme diffuse di controllo, che come tale non richiede motivazione essendo uno strumento di trasparenza. Col secondo osserva che oggetto dell’accesso non è il prezzo o le condizioni contrattuali praticate dalle imprese importatrici, ma il sapere quanto latte e quanti prodotti lattiero-caseari importa ciascuna impresa operante in Italia. Rifiutare l’accesso, sostiene la confederazione, significa affermare il diritto delle imprese di nascondere ai consumatori la provenienza dei propri prodotti. Contesta poi la tacciata genericità dell’istanza, alla luce della circolare 2/2017secondo cui è sufficiente che la richiesta «identifichi» i dati o i documenti che si vogliono ottenere, tenendo conto della difficoltà che il richiedente può incontrare nell’individuarli con precisione. Inoltre, affinché l’accesso possa essere rifiutato, il pregiudizio agli interessi deve essere concreto e deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Conclude affermando che l’etichettatura dei prodotti fornisce ai consumatori alcune informazioni, ma non tutte quelle richieste.
Le tesi del Tar Lazio
Il Tar Lazio rigetta il ricorso, definendolo irragionevole. Il primo ostacolo è la congruità della richiesta in relazione alla quantità di dati per i quali è necessario consultare i controinteressati nell’accesso civico, in numero tale da motivare il diniego all’accesso a causa dell’onere straordinario che viene imposto all’ente. Il secondo concerne la pretesa che le informazioni prescritte nelle etichette sono ben minori di quelle a cui si è chiesto di accedere, e soprattutto non consentono di tracciare i prodotti dei quali il latte importato sia ingrediente. Tesi non avallata dal Tar in quanto l’articolo 2 del Dm 9 dicembre 2016, che impone l’indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti caseari, già prevede che l’etichetta fornisca l’indicazione di origine mediante le diciture «paese di mungitura» e «paese di condizionamento o di trasformazione». Quindi, concludono i giudici, la tutela del consumatore rispetto alla provenienza dei prodotti provenienti da un paese extra Ue è risolta dall’obbligo di etichettatura.
Il Sole 24 Ore – 29 marzo 2018