Le stabilizzazioni di oltre 2mila ricercatori precari stanno trovando un ostacolo spesso insormontabile in una riga della circolare di gennaio che regola la corsa al posto fisso. Ma una nuova circolare potrebbe arrivare a breve per correggere la riga incriminata, e riaprire la corsa verso le assunzioni stabili.
La correzione
La mossa potrebbe essere una delle ultime operazioni del governo Gentiloni, perché rientrerebbe in pieno nell’«attività ordinaria» di cui si può occupare il governo dopo le dimissioni formalizzate sabato dal premier. L’annuncio arriva dalla ministra della Pa Marianna Madia, che ha promesso la correzione in un tweet di risposta a un ricercatore precario dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Ma per essere capito ha bisogno di un piccolo riassunto delle puntate precedenti. Tutto nasce dalla maxi-stabilizzazione offerta dalla riforma 2017 del pubblico impiego a chi ha maturato come precario in una pubblica amministrazione almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto.
L’ostacolo nella circolare
Dopo un complicato tira e molla con la Corte dei conti, la circolare con cui Palazzo Vidoni ha fissato le regole operative per le stabilizzazioni ha dovuto chiarire che «il trattamento economico accessorio graverà esclusivamente sul fondo calcolato ai sensi della normativa vigente». È questa la riga incriminata, perché fa riferimento al fondo che in ogni amministrazione serve a finanziare le parti di stipendio aggiunte alla base nazionale (il “tabellare): fondo che, «ai sensi della normativa vigente», oggi non può superare i livelli raggiunti nel 2016. È proprio questo passaggio a creare il problema nel mondo della ricerca. I posti a termine dei ricercatori, infatti, sono spesso finanziati su singoli progetti, al di fuori della dinamica ordinaria delle buste paga pubbliche.
Le ricadute pratiche
La stessa Funzione pubblica, nella circolare di gennaio, spiegava che la stabilizzazione si apre anche agli assegnisti di ricerca. Quando questi precari diventassero stabili, però, perderebbero il collegamento con le risorse legate ai progetti, e i loro stipendi andrebbero finanziati con i fondi ordinari: ma i fondi ordinari, e qui finisce il gioco dell’oca, non possono aumentare rispetto al 2016, quindi la stessa somma andrebbe divisa fra più persone. Facciamo un esempio teorico ma chiaro: oggi un ente con 10 dipendenti e 50mila euro di fondo accessorio distribuirebbe in media 5mila euro all’anno fra i suoi dipendenti stabili. Con due stabilizzazioni, però, i 50mila euro andrebbero assegnati a 12 persone, con “quote” medie da 4.166 euro a testa. Una prospettiva, ovviamente, che scatena obiezioni serie da parte di chi è già in organico. Ora la ministra Madia annuncia una nuova circolare, da ultimare insieme al ministero dell’Economia e al Miur «nel più breve tempo possibile». A patto, ovviamente, di riuscire a superare le obiezioni della Corte dei conti.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 27 marzo 2018