Il riferimento all’articolo 5 della Costituzione («La Repubblica è una e indivisibile…») è al primo posto delle Premesse. Come ad avvertire: nessuno si faccia strane idee, qui si parla di autonomia solo e soltanto nella cornice della Carta. Sgombrato il campo da propositi secessionisti ed indipendentisti, dunque, si può ragionare sulla devoluzione da parte dello Stato delle prime cinque materie (Sanità, Ambiente, Lavoro, Istruzione e Rapporti con l’Ue), con la promessa – in questo senso si tratta di un’intesa «aperta» – che in futuro si potrà discutere anche delle altre diciotto stabilite dall’articolo 117 della Costituzione, modellando l’accordo sulle specifiche esigenze del Veneto.
Sanità
La Regione potrà rimuovere i vincoli di spesa posti dalle norme statali, compresi quelli riguardanti il personale e godere di maggiore autonomia anche per la regolamentazione della libera professione, con possibilità di attribuire anche risorse aggiuntive, specie a chi presta servizio presso le sedi disagiate di montagna. In tema di formazione la Regione potrà stipulare contratti a tempo determinato di «specializzazione lavoro». Ampia autonomia è poi attribuita sulla governance delle aziende e degli enti, in tema di tariffe e misure di compartecipazione alla spesa sanitaria (i ticket, per intendersi, e i costi delle singole prestazioni), sull’istituzione e la gestione di fondi integrativi. Sono assicurate risorse «certe e adeguate» per gli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico ed è previsto un meccanismo sostitutivo tra Regione e Stato in tema di medicinali equivalenti.
Istruzione
Viene ampliato il ruolo della Regione nella programmazione dell’offerta (di tutti gli istituti scolastici, non soltanto della Formazione Professionale com’è oggi) e consentito, in parte, il superamento delle carenze di organico attraverso dotazioni aggiuntive, finanziate con un apposito fondo regionale, per l’assunzione di insegnanti e personale Ata. La Regione potrà anche disciplinare con legge forme e modalità di integrazione tra istruzione e formazione professionale, definire l’organizzazione delle fondazioni che gestiscono l’offerta post diploma degli istituti tecnici, programmare corsi universitari integrativi, ovviamente d’intesa con gli atenei. Anche in questo caso, è prevista la costituzione di un fondo pluriennale dedicato all’edilizia di settore in cui confluiranno risorse nazionali e regionali.
Ambiente
L’accordo attribuisce alla Regione ampi poteri ordinamentali, specie per quel che attiene la ripartizione delle competenze tra Comuni e Province. Di rilievo, tra le nuove funzioni, l’ampliamento delle competenze sulla disciplina dei rifiuti, la prevenzione e il ripristino ambientale (si «connette» il risarcimento al territorio che ha subito il danno), la gestione delle procedure di bonifica ed una serie di funzioni amministrative in materia di scarichi e tutela delle acque. La Regione, poi, al fine di «risolvere specifiche problematiche territoriali afferenti alla mancata emanazione da parte dello Stato di provvedimenti attuativi della disciplina statale» potrà intervenire con «proprie proposte» (un riferimento, neppure troppo velato, al caso Pfas?).
Lavoro
Piuttosto scarna la parte dedicata al lavoro, di fatto viene riconosciuta l’autonomia legislativa e organizzativa sulle politiche attive, da agganciare a risorse finanziarie «congrue e stabili» ma pur sempre in aderenza alle politiche passive (leggasi gli ammortizzatori sociali) che a dispetto delle richieste di Palazzo Balbi restano per ora integralmente nella competenza statale (come la previdenza complementare, pure chiesta dal Veneto). La Regione potrà introdurre «misure di controllo nelle materie di propria competenza» ma anche qui il testo dell’intesa appare vago e resta comunque predominante il ruolo dello Stato, per il tramite degli ispettorati.
Rapporti con l’Ue
Qui c’è davvero pochissimo da dire: il tavolo tecnico non si è neppure mai riunito, di fatto l’intesa registra una serie di propositi generici su un maggior coinvolgimento della Regione da parte dello Stato, soprattutto per quel che attiene la programmazione in sede comunitaria dei Fondi UE.
Le risorse
Saranno determinate dalla Commissione paritetica Stato-Regione. Si ragiona sulla partecipazione o la riserva di aliquota di uno o più tributi erariali maturati sul territorio, sulla spesa sostenuta fino ad oggi dallo Stato in Veneto, sui fabbisogni standard che dovranno essere determinati entro un anno dall’approvazione dell’intesa e progressivamente, entro 5 anni, dovranno diventare il termine di riferimento nell’ottica di superamento della spesa storica. Sempre fatti salvi gli attuali livelli di erogazione dei servizi. Per gli investimenti si parla di nuove modalità «per assegnare, anche mediante crediti d’imposta, risorse da attingersi dai fondi finalizzati allo sviluppo infrastrutturale del Paese».
Il Corriere del Veneto – 1 marzo 2018