È quanto emerge da uno studio di laboratorio coordinato da Carlo Foresta, i risultati resi noti al convegno di Abano
Le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), gli inquinanti che hanno contaminato gli acquedotti del Veneto centrale, alterano lo sviluppo del sistema riproduttivo e riducono la fertilità. È quanto emerge da uno studio effettuato dal gruppo di ricerca di Carlo Foresta, professore di Endocrinologia e coordinatore della Rete endocrinologica veneta, in collaborazione con il dottor Andrea Di Nisio, il professor Diego Guidolin del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e il professor Nicola Pozzi della St. Louis University.
In laboratorio è stato individuato il meccanismo attraverso il quale i Pfas interferiscono con l’azione del testosterone, bloccando il suo recettore. Ciò significa che gli inquinanti si agganciano all’ormone e alterano la sua azione. «La letteratura scientifica fa sapere che l’inquinamento da Pfas porta ad un aumento delle patologie del sistema riproduttivo», spiega il professor Foresta, «Noi abbiamo dimostrato che i Pfas legano l’androgeno recettore nello stesso sito in cui si lega il testosterone. Questo legame riduce l’attività del testosterone del 50 per cento. Ciò porta ad una diminuzione della fertilità. L’influenza negativa agisce su più fronti. Nelle fasi embrionali blocca l’organogenesi delle gonadi. Nel periodo dell’adolescenza causa un’alterazione dello sviluppo, considerando che il testosterone dà la maturazione del giovane in adulto. Si tratta del primo risultato a livello internazionale che dimostra chiaramente il meccanismo attraverso il quale gli Pfas agiscono sulle strutture testosterone dipendente».
Un dato che interessa anche il territorio padovano, in particolare il comune di Montagnana che rientra nella cosiddetta “zona rossa” risultata maggiormente esposta all’inquinamento da Pfas. La Regione Veneto ha confermato che la principale, anche se non unica, fonte di contaminazione si trova sotto la ditta chimica Miteni di Trissino. È stata riconosciuta l’interferenza tra Pfas e il sistema endocrino.
La conseguenza è che tutti i processi dell’organismo che coinvolgono gli ormoni responsabili dello sviluppo, del comportamento, della fertilità e di altre funzioni primarie possono essere alterati a causa dell’accumularsi nell’organismo di questi composti chimici. I Pfas entrano nel corpo attraverso acqua e alimenti, e si accumulano: impiegano fino a 5 anni per essere smaltiti dall’uomo, dagli animali e dall’ambiente. In ogni caso, le indagini sui loro effetti non hanno ancora prodotto risultati definitivi. L’influenza dell’ambiente sul sistema riproduttivo è solo uno dei temi trattati nel XXXIII Convegno di Medicina della Riproduzione presso il Centro congressi Pietro d’Abano ad Abano Terme. Da oggi fino a sabato si parlerà anche di uteri artificiali, gameti creati in vitro, clonazione di primati e non solo
Il Mattino di Padova – 22 febbraio 2018