Lorenzo Salvia. Come sempre, dipende da dove si punta la lente di ingrandimento. Ma tra i dati sul lavoro pubblicati ieri dall’Istat quello più rilevante è il calo degli occupati registrato a dicembre: sono scesi dello 0,3% rispetto al mese precedente, mangiandosi tutto l’aumento di novembre e tornando quindi ai livelli di ottobre. Sono 66 mila lavoratori in meno. Il calo riguarda tutte le classi d’età ad eccezione degli over 50, settore trascinato dall’onda lunga dell’innalzamento dell’eta pensionabile.
Sembra un paradosso ma sempre a dicembre il tasso di disoccupazione è sceso rispetto al mese precedente dello 0,1%. Adesso è al 10,8%, il livello più basso registrato dall’agosto del 2012. Non è una contraddizione perché tra i disoccupati non vengono considerati quelli che un lavoro non lo cercano neanche, i cosiddetti inattivi. Qui la crescita è marcata, pari allo 0,8%, 112 mila persone in più. Ed è proprio questo balzo a tenere insieme quelle due tendenze a prima vista incompatibili, la diminuzione degli occupati e il calo del tasso di disoccupazione. Siamo in piena campagna elettorale e quindi, ancora più del solito, ognuno tira acqua al proprio mulino, sottolineando il singolo dato che si incastra nel proprio ragionamento. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti parla di «conferma dei miglioramenti di medio lungo periodo». E questo perché, se il confronto si fa rispetto non al mese prima ma al dicembre del 2016, il numero degli occupati è salito di 173 mila unità. E il premier Paolo Gentiloni aggiunge che l’obiettivo del Pd è «rendere il lavoro stabile più vantaggioso di quello a termine». Mentre secondo Renato Brunetta (Forza Italia) «si sta preparando la frana del Jobs act », la riforma del lavoro del governo Renzi, proprio perché calano gli occupati e salgono gli inattivi. Al di là della propaganda, da una parte e dell’altra, a dicembre c’è stata la prima flessione dei dipendenti con un contratto stabile registrata dal gennaio del 2015, data di nascita del Jobs act , quando sono partiti gli sconti sui contributi per le aziende che assumono con un contratto stabile. Nel dicembre 2017 sono scesi di 25 mila unità rispetto allo stesso mese del 2016. Che sta succedendo?
È probabile che a dicembre le assunzioni stabili siano state frenate. E questo perché le aziende hanno preferito aspettare i nuovi sconti sui contributi partiti a gennaio, quelli per le assunzioni degli under 35, che a dicembre non c’erano. Sono ormai tre anni che le statistiche sul lavoro di dicembre sono «dopate», e quindi meno affidabili, perché a ogni inizio anno c’era una novità sugli incentivi alle imprese. La prova vera arriverà con i dati di gennaio: a quel punto sapremo se c’è stato davvero un rimbalzo, cioè un aumento delle assunzioni dopo il calo appena registrato. I dati arriveranno il primo marzo, a tre giorni dal voto. Non passeranno inosservati.
Il Corriere della Sera – 1 febbraio 2018