di Margherita De Bac. Il mondo equestre è in subbuglio per la rielaborazione di una norma che risparmiava ai nobili animali la prospettiva del macello. Associazioni animaliste, tecnici, istruttori, cavalieri sono in agitazione dopo che lo scorso 5 dicembre il consiglio della Fise, la federazione italiana sport equestri, ha votato una modifica al regolamento sull’iscrizione dei cavalli-atleti. Cambiata la frase che li proteggeva senza equivoci dal rischio di finire sulla tavola.
Gli agonisti del salto ostacoli, dressage e cross country non sono più al riparo da un triste fine carriera. Sui documenti di identità che li rendono idonei a praticare attività sotto l’egida della federazione, potrebbero infatti essere indicati come DPA, cioè destinati alla produzione di alimenti e non come è stato obbligatoriamente dal 2006 NON DPA (non destinati alla produzione di alimenti).
In una lettera inviata il 22 gennaio al presidente del Coni Giovanni Malagò la consigliera Eleonora Giuseppe gli rivolge un appello per intervenire e chiedere alla Fise di ripristinare la formulazione precedente: «Noi siamo un ente sportivo, i nostri amici non li macelliamo per una questione morale oltre che di salute pubblica. Sarebbe un tradimento. Loro gareggiano con noi e non vengono tutelati», attacca e contesta la decisione presa dal consiglio Fise presieduto da Marco Di Paola, perché «gli unici a pagare questa scelta assurda saranno i cavalli».
Michela Vittoria Brambilla, presidente di Leidaa, lega italiana protezione animali e ambiente e leader del Movimento animalista non transige: «Mi auguro che il grossolano errore venga corretto. È un arretramento nella tutela degli agonisti che passano di proprietario in proprietario, sono sfruttati e hanno diritto ad essere tutelati. Il minimo sindacale gli va riconosciuto, non sono auto da rottamare».
Malagò ha chiarito in un comunicato del Coni che il nuovo regolamento «non è in contrasto con le norme sportive nazionali e internazionali».
E al Corriere spiega : «Non è vero che abbiamo ratificato la delibera, noi siamo estranei alle iniziative delle federazioni. Qui si sta facendo il processo alle intenzioni. Il rischio che i cavalli atleti diventino carne da macello non c’è e non ci sarà mai». L’articolo contestato è il numero 33: «L’iscrizione al ruolo federale del cavallo conferisce la qualifica di atleta, qualora lo stesso non sia destinato alla produzione di alimenti». Frase ambigua, secondo Brambilla.
La Fise sulle prime ha negato ogni responsabilità: «Non abbiamo mai deliberato la macellazione dei cavalli». Però in un successivo intervento il presidente Marco Di Paola ha aggiustato il tiro: «La Fise considera atleti tutti i cavalli iscritti, provvederemo».
Pur non essendo parte in causa, la prossima settimana il ministero della Salute ha una riunione sul tema: «Non possiamo interferire con i regolamenti. I cavalli agonisti prendono farmaci e non possono in nessun caso essere destinati al consumo alimentare».
Si sono schierati in difesa dei propri compagni i top riders italiani Lorenzo De Luca, Alberto Zorzi, Piergiorgio Bucci e Emanuele Gaudiano.
Il Corriere della Sera – 29 gennaio 2018