Lo scorso anno i fondamentalisti hanno ucciso 11 allevatori musulmani
Carlo Pizzati. L’India è un Paese notoriamente abituato ad accogliere le contraddizioni. Ma quella che si sta cristallizzando attorno al commercio delle vacche rischia di diventare troppo costosa.
Da un lato c’è un governo di fondamentalisti indù che sta proibendo il macello della «madre vacca» simbolo unificante delle divinità induiste, simulacro della Patria stessa. Dall’altro, il paradosso di una nazione con una classe media in crescita e di conseguenza con una domanda di latte fresco e a lunga conservazione che raddoppia ogni cinque anni.
Il nodo si stringe attorno agli allevatori, ai quali non conviene più tenere le vacche se non possono, alla fine del ciclo di produttività del latte, venderle come carne da macello.
Dal 2011, quindi, in tutta l’India sono iniziati a spuntare i primi santuari finanziati con donazioni di fondamentalisti che ospitano le vacche che non possono più produrre latte. L’apertura di questi giardini del bovino è aumentata significativamente dal 2014, quando Narendra Modi è diventato primo ministro, e ancor di più dal maggio dell’anno scorso, quando Delhi ha tentato di proibire su scala nazionale il macello delle vacche, legge bloccata però dalla Corte Suprema. Ma intanto alcuni stati, soprattutto nel Nord-Ovest, hanno approvato norme regionali che proibiscono o limitano il macello. Così oggi si è arrivati a più di 5 mila santuari per vacche in tutto il Paese.
In teoria dovrebbero essere dei veri paradisi bovini sulla terra, ma non senza complicazioni micidiali. Sembra di trovarsi in un sogno vegetariano, vedendo i 15 ettari del santuario Sri Krishna Gaushala, nell’Uttar Pradesh al confine con il Rajasthan, che costa 2 milioni di euro l’anno per pagare gli stipendi di 300 assistenti e dar da mangiare a migliaia di vacche che brucano tra prati e laghetti d’anatre.
Poi si scopre che in un santuario più a sud, nel Madya Pradesh, dove si sta per criminalizzare l’abbandono delle vacche, nel dicembre scorso sono morte 52 delle 4 mila vacche ospitate. Dall’analisi delle viscere emerge un problema tipico dell’India: avvelenamento da erbe infestanti e da polietilene, ovvero sacchetti di plastica trovati nella spazzatura. Quindi, anche nei parchi di lusso degli animali sacri salvati dal macello, restano i rischi che corrono 20 milioni di vacche abbandonate ogni anno per le strade dell’India da quando la proibizione del macello s’è rafforzata: quello di morire avvelenate mangiando spazzatura.
Ecco un’altra grande contraddizione. È bello che si risparmi la vita di un animale, anche se per ragioni religiose discriminatorie verso gli altri bovini, ma se nessuno potrà permettersi di allevare vacche, queste si estingueranno. Il tentativo di salvarle risulterà nella loro sparizione.
Il problema si fa grave a causa della seria crescita nella domanda di latte. Si calcola che il giro d’affari del latte fresco e a lunga conservazione, che nel 2015 in India toccava i 12 miliardi di euro, entro il 2020 raddoppierà a 24 miliardi.
Ma gli allevatori non ne vogliono sapere. Se la vacca improduttiva non può essere macellata, i conti non tornano. Niente vacche, niente latte. In India l’intera industria dell’allevamento bovino si sta quindi trasformando in allevamento di bufali. Sono animali più resistenti al caldo, non esistono proibizioni religiose nel macellarle, anche se la qualità della carne è, a giudizio dei carnivori tradizionali, più fibrosa e stopposa. Ma il loro latte, essendo più grasso, è più costoso e le bufale indiane ne producono un quarto in meno di una vacca da allevamento. Meno latte che costa di più non può rispondere alla crescita della domanda dell’India.
In questo panorama, la Danone ha già chiuso la sua fabbrica di Delhi, abbandonano il mercato indiano per i prodotti del latte fresco e a lunga conservazione, restando solo nel mercato del latte in polvere.
La situazione in India si è complicata anche per gli assalti con bastoni e pistola dei vigilantes vegetariani. L’anno scorso, i gau rakshaks hanno ucciso un totale di undici musulmani e cosiddetti «intoccabili» o Dalit, sospettati di trasportare bestiame da macello.
Ora il governo di Modi dovrà cercare una soluzione al contesto che ha assecondato. Ancora una volta, in India, le motivazioni religiose contrastano con le esigenze di un’economia in crescita.
La Stampa – 29 gennaio 2018