Cambiano abitudini e filosofia, muta il rapporto tra cibo e risparmio. E l’Italia, guardando nella spazzatura, si scopre meno sprecona e più generosa. È infatti dimezzata in un anno la quantità di cibo che gettiamo via dalle nostre case, mentre grazie alla nuova legge approvata a settembre del 2016 che facilita le donazioni da parte della grande distribuzione, queste sono cresciute del 21,4 %. Dal pane agli yogurt, dal tonno ai pelati, il Banco alimentare ha ricevuto da supermercati, mense e aziende 87mila tonnellate di alimenti, distribuendole a un milione e mezzo di persone.
A pochi giorni dal 5 febbraio, “d-day” nazionale dedicato alla lotta allo spreco alimentare, dalla pattumiera arrivano così buone notizie. Un’indagine del ministero dell’Ambiente con il dipartimento di Scienze agro-alimentari di Bologna e “Waste Watcher”, la prima su dati reali e non solo stimati, fotografa infatti un Paese dove oggi si butta nell’umido quasi la metà rispetto all’anno scorso.
La ricerca è stata fatta consegnando 430 diari ad altrettante famiglie perché scrivessero quotidianamente acquisti e pesassero rifiuti alimentari. Fino al 2016 tra dati percepiti e indagini a piccolo raggio si parlava di 145 chili a famiglia e di 63 a persona di frutta, verdura, latticini finiti nei rifiuti ogni anno. Ora, grammi alla mano pesati dopo pranzo o dopo cena, le cifre sono quasi dimezzate: nell’umido giacciono in media in un anno 84 chili a famiglia e 36 a testa. Come dire che, tra crisi, educazione alimentare, campagne di sensibilizzazione in dodici mesi siamo passati dallo sprecare da 360 a 250 euro di cibo. Un risparmio di 110 euro a persona, 300 circa a famiglia.
Cifre che per una volta ci mettono ai primi posti dei comportamenti virtuosi. In Europa secondo la Fao si sprecano 88 milioni di tonnellate di alimenti in media, 180 chili pro capite all’anno dal campo al supermercato fino alle nostre case. Il triste primato qualche anno fa spettava all’Olanda con 579 chili a testa mentre l’Italia era sui 145 chili.
Ora le buone notizie.
«Questa ricerca fa ben sperare che tra informazioni e campagne di sensibilizzazione, i comportamenti comincino a cambiare. È importante la discesa dai 13 miliardi agli otto di spreco casalingo, visto che questo rappresenta i 4/5 del totale», dice Andrea Segrè, fondatore di “Last Minute Market”, creatore di Waste Watcher, l’osservatorio nazionale sullo spreco, tra i primi a promuovere e lavorare alla nascita della legge che facilita la donazione di cibo eccedente.
Ma quali sono sono i prodotti che finiscono nella spazzatura? I diari delle quattrocento famiglie, da Nord a Sud, dai single alle coppie con nonni e figli, raccontano che al primo posto c’è la verdura, 7 chili l’anno pro capite. Al secondo latte e latticini, 4,8 chili, la frutta, 4,5 chili. Cifre arrotondate da Luca Falasconi, docente bolognese curatore scientifico dei diari.
Ma perche si buttano pane o verdura? Nel 50 % delle volte la causa è la disattenzione, la data di scadenza troppo vicina non vista al momento dell’acquisto o la scatola dimenticata nel frigo.
Ma qualcosa è cambiato, anche grazie ai diari. «A furia di scrivere cosa compravamo, cosa si cucinava, e cosa finiva in pattumiera, abbiamo capito errori che ci portavano a sprecare cibo a soldi», racconta Valentina Brengola, impiegata, con marito e due bambine golose. «Facevamo la spesa una volta alla settimana, spesso senza lista, per circa 100 euro.
Risultato: troppa roba per quella che consumavano in tempi brevi, soprattutto latticini e frutta, i figli non ne vogliono proprio mangiare. E anche la verdura finiva a marcire».
Ora Valentina ha cambiato abitudini. Lista dettagliata, spese piccole e frequenti: spreco dimezzato e qualche risparmio.
«Se poi ci fosse più tempo si riutilizzerebbero gli avanzi come nella cucina di una volta, ma purtroppo…».