Tutti contro i Pfas? Non proprio: sono 33 i contenziosi instaurati a diverso titolo contro la Regione per i limiti variamente imposti alla presenza delle sostanze perfluoroalchiliche nelle differenti matrici ambientali. Alle 26 controversie in corso da qualche tempo, fra cui quella riguardante Miteni, se ne aggiungono ora altre 7, promosse da altrettante aziende che si occupano di gestione rifiuti e depurazione fanghi e che chiedono al Tar di annullare la direttiva che impone controlli e smaltimenti degli scarti contaminati in buona parte del Veneto.
LE SOCIETÀ I ricorsi notificati all’avvocatura regionale sono infatti di società che operano in svariate province: Acque del Chiampo di Arzignano (Vicenza), Centro Risorse di Motta di Livenza (Treviso). Depuracque Servizi di Salzano (Venezia), Contarina di Spresiano (Treviso), Safrond-Martini di Montecchio Precalcino (Vicenza), Consorzio Cipa di Siracusa (ma attivo anche nel Bellunese), Medio Chiampo di Montebello Vicentino (Vicenza). Prima della revoca vera e propria, i ricorrenti chiedono la sospensiva del provvedimento emanato lo scorso 15 novembre ed entrato in vigore il 1° gennaio. Considerata dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto un caso d’urgenza, in questi giorni la vicenda ha ottenuto dal presidente Alberto Fasi l’abbreviazione dei termini per la fissazione della camera di consiglio, di conseguenza la domanda cautelare sarà discussa già il prossimo 17 gennaio.
LA NOTA Nel mirino delle imprese, alcune delle quali di proprietà pubblica, è finita la nota firmata da Alessandro Benassi, direttore dell’area Tutela e sviluppo del territorio di Palazzo Balbi, indirizzata alle Province, all’Arpav e ai gestori delle discariche per rifiuti teoricamente non pericolosi. Il documento prende le mosse dai risultati delle analisi effettuate su 342 campioni di acque sotterranee e percolato, prelevati nei siti di stoccaggio dell’immondizia, che evidenziano una rilevante presenza di Pfas e pure un significativo superamento delle soglie di legge. Viene cosi impartito l’ordine, per il triennio 2018-2020, di monitorare la concentrazione di 16 parametri, anche nei materiali in arrivo dalle industrie conciarie, tessili, fotografiche, dei semiconduttori, chimiche e del rivestimento di metalli. Si tratta dei settori maggiormente interessati dai veleni, che evidentemente non sono confinati alla “zona rossa” compresa fra Vicentino, Veronese e Padovano, ma viaggiano pure attraverso vestiti in fibra sintetica, carta da t’orno, padelle antiaderenti e cosi via. Inoltre viene imposto di smaltire i percolati inquinati negli inceneritori o in altri impianti di trattamento chimico-fisico.
LE VALUTAZIONI Obblighi ritenuti eccessivamente onerosi per le aziende ricorrenti, su cui ricadrebbe una parte delle prescrizioni, con relativo aggravio dei costi. Diversa è invece la valutazione di Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente: «Da una parte siamo accusati di fare troppo poco contro i Pfas. dall’altra di fare invece troppo, come in questo ed altri casi in cui ci viene contestato l’eccesso di potere. A questo punto ci dicano i giudici come dobbiamo comportarci».
A.Pe. – Il Gazzettino – 10 gennaio 2018