Michela Nicolussi Moro. Dopo il blitz dei Nas a Palazzo Balbi e negli ospedali di Padova e Vicenza, venerdì, per sequestrare documentazione e cartelle cliniche relative ai primi pazienti veneti trattati con la plasmaferesi per ripulire il sangue dai Pfas (sostanze perfluoro alchiliche sversate per 40 anni nelle acque di 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova: sotto inchiesta la Miteni di Trissino), ieri l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, ha scritto una lettera al ministro Beatrice Lorenzin. La responsabile della Salute mercoledì in Parlamento aveva detto che tale pratica, usata per rimuovere i Pfas, «è fortemente sconsigliata e invasiva», nonchè «priva di evidenze scientifiche». Due giorni dopo ha mandato il nucleo speciale dei carabinieri a Venezia e la Regione ha sospeso la plasmaferesi. «Le sue affermazioni oltre a creare un problema di comunicazione nei confronti dei soggetti interessati dal bioaccumulo di sostanze tossiche in oggetto, hanno fatto sorgere dubbi anche rispetto al decreto ministeriale del 2 novembre 2015, contenente le disposizioni relative ai requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti, che prevede l’utilizzo della plasmaferesi — scrive Coletto —. Potrebbero aprirsi profili di problematicità per i Centri trasfusionali e in generale per l’approvvigionamento di sangue. Si resta in attesa di ricevere chiarimenti supportati da documentazione scientifica».
Nel frattempo scendono in campo i medici. Ieri si sono riuniti all’ospedale di Padova il coordinatore del Centro regionale attività trasfusionali Antonio Breda e i direttori dei Dipartimenti trasfusionali del Veneto, Giustina De Silvestro, Alberta Alghisi, Loredana Martinelli, Stefano Capelli, Gianluca Gessoni, Francesco Chiavilli e Andrea Frigato, che hanno prodotto un documento su sicurezza e appropriatezza della plasmaferesi. Nel testo, inviato alla Lorenzin, al presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi, e al governatore Luca Zaia, gli specialisti scrivono: «Vengono effettuate ogni anno milioni di plasmaferesi nel mondo… se ci fosse anche lontanamente il sospetto di inaccettabili frequenze di reazioni avverse, la procedura non sarebbe certo applicata ai donatori di sangue». E poi «il regime applicato in Veneto per la rimozione dei Pfas è di gran lunga meno invasivo di quello applicato ai donatori di sangue in molti Paesi europei», quindi si tratta di «pratica sicura e sostanzialmente scevra da rischi». Quanto all’appropriatezza, i trasfusionisti precisano: «I dati preliminari sin qui accumulati in Veneto dimostrano che le pratiche sono efficaci, almeno in prima battuta».
Ma Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Centro nazionale Sangue, non la pensa così: «La procedura sui donatori è minimamente invasiva, si raccoglie una quantità modesta di plasma, compresa tra 600 e 700 millilitri, che non vengono sostituiti perchè riprodotti dall’organismo in 24/48 ore. Le procedure terapeutiche hanno altre finalità curative e sono maggiormente invasive, perchè è più elevata la quantità di sangue prelevata. Parliamo mediamente di un volume di plasma che corrisponde a 2000/2500 millilitri, quindi il trattamento non dura minuti, come per un donatore, ma ore. E non viene usato un solo ago, bensì due: con uno si preleva il plasma, con l’altro si reinfondono plasma di un donatore o liquidi derivati, come l’albumina, per mantenere l’equilibrio bilanciato dell’organismo. Insomma, è una terapia che si fa sui malati, non è un’endovenosa. Si rischia di far passare un messaggio sbagliato dicendo che la donazione ha lo stesso livello di sicurezza della plasmaferesi terapeutica — avverte Liumbruno —. Non è così, quest’ultima può scatenare effetti collaterali come l’ipotensione, perchè l’apparato cardiocircolatorio è sottoposto a stress per ore».
Spaventati comitati e genitori, ieri ricevuti dalla commissione regionale Pfas, con Legambiente e Wwf. Quattro le richieste alla Regione: la bonifica del sito della Miteni, acque potabili pulite, l’estensione dello screening ad under 14 e over 65enni e un’alternativa alla plasmaferesi. Saranno incluse in una mozione della commissione.
Il Corriere del Veneto – 19 dicembre 2017