Tra i sei e i settemila medici hanno scioperato ieri in Veneto contro i mancati finanziamenti al sistema sanitario nazionale. È questa la stima di Adriano Benazzato, segretario regionale di «Anaao Assomed». «Siamo nella media nazionale, ci sono punte dell’80 percento di adesioni tra gli 8.400 professionisti veneti —. Va però precisato che molti dei nostri iscritti erano comunque al lavoro, per rispettare gli standard minimi».
A fronteggiare le richieste di chiarimento, in prima linea, ieri ci sono stati i Cup, subissati di telefonate per capire quando e come fosse possibile realizzare la visita medica o l’intervento programmato. Il momento più importante, con tanto di striscioni e volantini, si è celebrato all’ospedale di Padova. Dalle 11 alle 13 una cinquantina di quadri sindacali della nostra regione, accompagnati dai segretari e da altre figure chiave, hanno inscenato un sit in identico a quello che i loro colleghi hanno fatto in altri grandi ospedali o di fronte alle sedi regionali. «Ma non finisce qui — dichiara guerra Benazzato —. Siamo pronti a depositare denunce penali contro le aziende sanitarie che non hanno rispettato il nostro sciopero. Qualche esempio? A Belluno hanno dato l’elenco dei comandati sette ore prima dello sciopero invece dei cinque giorni previsti dalla legge, a Treviso in certi reparti hanno comandato il triplo del personale dovuto. Ma coi nostri moduli stampati chiunque abbia voluto aderire lo ha fatto». Ieri sul caso è intervenuto anche l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto: «Mi auguro non si voglia fare confusione attribuendo alle Regioni, comunque non certo al Veneto, la responsabilità del definanziamento e del conseguente depotenziamento del sistema sanitario di questo Paese», ha detto.
Ma negli ospedali, come è andata la giornata? All’Angelo, di Mestre, tra le panche d’attesa era seduto anche un medico riabilitativo di San Donà, in sciopero. Attendeva con il figlio una visita ortopedica di controllo post dimissioni, confidando nella presenza di un collega che ha deciso, a differenza sua, di non scioperare, prestando regolare servizio ambulatoriale. «Io ho fatto la mia scelta — ci ha detto il medico in attesa del turno —, domani andrò a lavorare e non sarà cambiato niente. Confido almeno in una risonanza mediatica. Per il resto ci rimetterò solo dei soldi». Cioè 235 euro che si vedrà togliere in busta paga. Agli ospedali di Mestre, Dolo e Mirano invece c’erano intere sale operatorie chiuse, soprattutto in chirurgia e ortopedia. «Stiamo aspettando una visita neurologica da oltre mezzora — spiegava una famiglia ancora in piedi nei corridoi — e se il neurologo ha scioperato speriamo serva almeno a qualcosa, perché qui i medici sono sempre sotto organico». «Spero ci sia il dottore per mia mamma — ci ha confessato un uomo in attesa con un’anziana signora —. Ho chiesto allo sportello e nessuno sa niente: ma se non c’è il medico devo pagare lo stesso la visita?». L’Usl 3 fa sapere che sta già provvedendo a riprogrammare le sedute saltate. «Dobbiamo recuperare entro due settimane – rassicura anche Giovanni Leoni, presidente Cimo del Veneto – ci inventeremo nuove ore, ma lo sciopero era necessario perché la sofferenza della categoria, e quindi anche dei pazienti, è indiscutibile e le istituzioni sono ormai sorde da anni». Gli anestesisti, ieri, si sono battuti in prima linea, in testa tra gli specialisti scioperanti nel veneziano. Anche la radiologia di Mirano ha aderito in massa, chiudendo le porte a tutti, eccetto le urgenze. I pazienti si sono visti così annullare centinaia di interventi ed esami programmati. «Ma lo sciopero era da tempo annunciato – ricorda Daniele Giordano della Cgil – difficile che gli utenti non abbiano previsto cosa sarebbe successo». (Mauro Pigozzo – Giulia Busetto)
CORRIERE DEL VENETO – Mercoledì, 13 dicembre 2017