Michela Nicolussi Moro. Uno smacco. Il Veneto, dal 2013 nella terna delle Regioni benchmark di riferimento per equilibrio economico e qualità dell’assistenza in sanità, si ritrova declassato al sesto posto nella graduatoria 2017 redatta dai tecnici del ministero della Salute. Escluso dalle migliori cinque, non potrà rientrare nella selezione finale affidata a Conferenza dei presidenti e Conferenza Stato-Regioni appunto per la scelta delle tre realtà d’esempio per il riparto del Fondo sanitario nazionale 2018, «ai fini dei costi e dei fabbisogni standard regionali». E’ la beffa oltre al danno, visto che il Veneto è stato il primo a battersi per i costi standard in sanità e ora dovrà adeguarsi a quelli altrui. La scrematura avverrà infatti, in rigoroso ordine di piazzamento, tra Toscana, Marche, Umbria, Emilia e Lombardia. Una doccia gelata — il Veneto dal 2013 è sempre arrivato quinto, fatta eccezione per il secondo posto del 2014, e comunque resta Regione benchmark per i conti a posto e il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza —, che ha spinto l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, a scrivere una lettera al ministro Beatrice Lorenzin per chiedere la revisione della graduatoria. Secondo Coletto i 19 indicatori utilizzati dai tecnici per «la valutazione della qualità dei servizi erogati, l’appropriatezza e l’efficacia» vanno aggiornati, perchè riferiti al 2014 e quindi superati dal nuovo Patto per la salute 2014/2106. «Non danno atto dello sforzo organizzativo attuato negli ultimi anni dalle Regioni», evidenzia Coletto, che rivendica una nuova classifica basata sui dati 2015, «l’ultimo anno per il quale risulti completato il procedimento di verifica annuale».
E qui entra in campo lo scontro politico, o meglio il continuo braccio di ferro che negli ultimi due anni imperversa tra Palazzo Balbi e il ministero della Salute. Impossibile non notare che se fossero adottati i parametri del 2015 la capolista Toscana non sarebbe nemmeno presa in considerazione, in quanto esclusa dalla classifica di due anni fa, che premia Marche, Emilia, Umbria, Lombardia e Veneto. Esattamente la stessa del 2016: la Toscana non c’è, perchè per il secondo anno non ha passato la verifica del ministero delle Finanze. Ma nel dossier che illustra la classifica 2017, i tecnici spiegano così la scelta di adottare gli indici 2014: «Essendo a tutt’oggi non concluso per tutte le Regioni l’accertamento dei risultati relativi alla chiusura del secondo esercizio del 2015, se non per Veneto, Liguria, Emilia, Umbria, Basilicata e Lombardia, ai fini del calcolo dell’IQE (indicatore di qualità ed efficacia, ndr ) sono utilizzati i risultati di esercizio relativi all’anno 2014. Sulle scorta di tali risultanze risultano essere 7 le Regioni che hanno garantito l’equilibrio di bilancio, non essendo assoggettate a piano di rientro: Basilicata, Emilia, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto». Ma Coletto insiste: «Il dato sui ricoveri non è coerente a quello indicato dalla Regione (cioè 600mila, il ministero ne dimentica 50mila, ndr )». Sono poi elencate altre inesattezze sul tipo di degenze. Osservazioni accolte martedì dalla Conferenza delle Regioni, tanto da decidere di rinviare la scelta della terna virtuosa in attesa del pronunciamento del ministero. Che fa sapere: «Stiamo valutando la richiesta del Veneto, senza preconcetti. Non c’è nessun muro contro muro, tutto ciò rientra nella normale dialettica tra Stato e Regioni». In caso di responso negativo, Palazzo Balbi potrebbe ricorrere al Tar, ma il governatore Luca Zaia preferisce rasserenare gli animi: «Non vedo un attacco politico, ma solo una discrasia nella lettura dei dati. Rimaniamo tra le Regioni virtuose, la classifica è solo una soddisfazione personale, ci teniamo a restare ai primi posti in Italia e siamo convinti di meritare una posizione migliore della sesta. Ma non c’è alcuna ricaduta nella distribuzione dei fondi della sanità».
L’opposizione però parla di «tracollo del sistema e continuo peggioramento dei servizi al cittadino» con Alessandra Moretti e di «imbarazzante impoverimento» con Claudio Sinigaglia, entrambi del Pd; e ancora di «declassamento legato al poco interesse per la salute mentale» con Piero Ruzzante (MDP), che chiede un consiglio regionale a tema. «La qualità del sistema veneto non è in discussione — replica Fabrizio Boron, presidente della commissione regionale Sanità — siamo di fronte a un giudizio politico che penalizza il Veneto in quanto unica Regione a dare filo da torcere al governo». «E’ una ritorsione politica che dispiace — concorda Luigino Schiavon, portavoce dei 34mila infermieri veneti —. A costo di grandi sacrifici da parte di noi operatori, la sanità veneta resta d’esempio per tutti. Garantisce la massima sicurezza ai malati, che lo percepiscono». «Siamo rimasti sorpresi dal declassamento — ammette Flora Alborino, a capo di Anpo Veneto (primari) — nonostante la condizione di sottorganico, i pazienti possono stare tranquilli. E non mi azzarderei a dire lo stesso di altre realtà d’Italia ».
Il Corriere del Veneto – 7 dicembre 2017