Alessandra Dal Monte. Negli Stati Uniti la chiamano clean meat , «carne pulita», perché ha uno scarso impatto sull’ambiente e non prevede alcuna violenza sugli animali. Ma di fatto è una carne senza animali. Un sistema che, quando sarà a regime, «li escluderà completamente dalla filiera». A raccontare come sarà possibile, nel 2021, mangiare una bistecca senza dover uccidere un manzo (o un pollo, o un’anatra) è stato David Kay della «Memphis Meats», startup della Silicon Valley presente ieri all’ottavo Forum della Fondazione Barilla su Alimentazione e Nutrizione. Una due giorni negli spazi dell’Hangar Bicocca di Milano per confrontarsi sui grandi temi collegati al cibo — le migrazioni dovute alle risorse scarse, quegli 870 milioni di persone che soffrono la fame, quel miliardo e mezzo che invece è obeso — ma anche per dimostrare che il cibo, oltre che problema, è anche parte della soluzione.
Prendiamo quest’azienda fondata nel 2015 dal cardiologo Uma Valeti e dal biologo Nicholas Genovese e da poco finanziata con 17 milioni di dollari da Bill Gates: «Il mercato della carne è responsabile, da solo, del 18 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica. E in pochi anni la domanda raddoppierà — sintetizza Kay —. Noi puntiamo a tagliare le emissioni del 90 per cento e il consumo di acqua dell’80». Come? «Eliminando gli animali dalla produzione . Basta un prelievo indolore di cellule — spiega — per ottenere una coltura in grado di auto-rigenerarsi. Per quattro-sei settimane la nutriamo in contenitori simili a quelli che si usano per fare la birra con ossigeno, amminoacidi e altre sostanze. Poi “raccogliamo” quello che si presenta come un pezzo di carne cruda. Lo abbiamo cotto e lo abbiamo testato. Piace: sa davvero di carne, perché è carne». Al momento per produrne mezzo chilo servono 2.400 dollari, ma i costi sono già calati (un anno fa ce ne volevano 18 mila). «Per il 2021 — assicura Kay — saremo sul mercato a prezzi abbordabili». La questione del prezzo, in generale, è cruciale.
Ne ha parlato anche il commissario europeo per la Salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis: «Il cibo non deve essere svalutato ma spesso quello buono è ancora troppo caro. Dobbiamo rivedere la politica agricola comunitaria con misure e incentivi che aiutino i coltivatori ma anche i consumatori». Tra i vari ospiti il fondatore di Slowfood Carlo Petrini ha esortato le aziende a «spendere meno in pubblicità e più in informazione trasparente sulle etichette». Jeffrey Sachs e Bob Geldof hanno ricordato che non abbiamo più tempo. Nessuno salverà il pianeta al posto nostro. Per fare il salto servono tecnologia e fantasia: «Dalle foreste della Patagonia possiamo ricavare lievito selvatico, dai cardi gli enzimi per fare il formaggio, dalle arance degli ottimi detergenti», ha ricordato il teorico della blue economy Gunter Pauli. Ma bisogna farlo adesso.
Il Corriere della Sera – 6 dicembre 2017