Lo scorso giovedì Fnomceo, Fofi e Fnovi hanno ribadito la loro contrarietà alla riforma degli ordini professionali contenuta nel Ddl Lorenzin in un’audizione informale, richiesta dalle opposizioni, in Commissione Sanità al Senato. Il provvedimento, licenziato dalla Camera, verrà infatti ufficialmente incardinato in XII Commissione solo la prossima settimana.
In occasione di questo incontro, le Federazioni hanno ribadito ai senatori tutte le loro perplessità, in particolare sull’articolo 4 del provvedimento in tema di “Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie” .
Per la Fnomceo, è interventuto Sergio Bovenga, segretario della Federazione, che ha spiegato come questa proposta normativa “non affronti, se non in modo assolutamente marginale, la più importante – forse – delle questioni che pongono gli Ordini come l’interfaccia di garanzia tra i cittadini e le Istituzioni: la verifica ed il mantenimento dei requisiti professionali necessari per poter (continuare ad) esercitare una professione che ha per fine la tutela della salute delle persone”.
In particolare, due le questioni di rilievo sollevate dalla Fnomceo: “La modificazione del quorum necessario per la validità dell’Assemblea elettorale e la previsione di tre convocazioni renderà molto più complesso e dispendioso il procedimento elettorale, con oggettive complicazioni che non muovono da specifiche esigenze della professione né razionalizzano l’operazione elettorale – ha spiegato Bovenga -. Inoltre, è il caso di rilevare che appare estranea al sistema ordinistico l’istituzione di seggi in sedi diverse da quella dell’Ordine. Per quanto attiene alle modalità telematiche di voto, ancorché previste in via facoltativa, si osserva che trattasi di procedure non conformi allo spirito che, da sempre, caratterizza la procedura del rinnovo elettorale”.
Ed il Codice deontologico: “E’ stabilito che le Federazioni nazionali emanino il codice deontologico, approvato nei rispettivi Consigli nazionali da almeno due terzi dei consiglieri presidenti di Ordine e riferito a tutti gli iscritti agli Ordini territoriali, che lo recepiscono con delibera dei Consigli direttivi. La modifica apportata dall’Aula della Camera dei Deputati dà adito a temere che possa anche non intervenire la delibera da parte dei singoli Ordini, creando di fatto una parziale validità sul territorio nazionale del Codice deontologico”.
Per gli odontoiatri è poi intervenuto Il presidente della Commissione Albo Odontoiatri (Cao), Giuseppe Renzo. Sotto attacco, anche in questo caso, l’articolo 4 della riforma, ma non solo. “L’attuale stesura dell’art. 4 del Ddl si limita a prevedere parziali modifiche ai ‘numeri’ della rappresentanza odontoiatrica all’interno dell’Ordine dei medici senza però garantirne una vera rappresentanza legale a livello istituzionale, organizzativo ed economico in contrasto, con i principi ispiratori del presente provvedimento legislativo.
Contestato anche il riconoscimento di nuove professioni: “Gli odontoiatri esprimono poi motivata preoccupazione per quanto riguarda il testo degli articoli 5 e 6 del disegno di legge dedicati alla istituzione dell’area delle professioni socio-sanitarie e alla individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie – ha spiegato Renzo -. Il rischio è quello di creare pericolose sovrapposizioni di competenze, specialmente nell’ambito della professione odontoiatrica, ingenerando confusione sugli ambiti di competenza dei professionisti per quanto riguarda l’attività di diagnosi cura e terapia delle malattie del cavo orale che, ai sensi della legge 24 luglio 1985 n. 409 e s.m.i., sono riservate esclusivamente ai professionisti iscritti all’Albo degli odontoiatri”.
“Non può poi essere dimenticato il rischio di utilizzare il percorso istitutivo di nuove professioni sanitarie, per inserire, in un ambito non coerente, alcune attività, come quelle dell’odontotecnico, che nulla hanno a che vedere con la tutela della salute e che quindi non hanno alcuna motivazione per un surrettizio inserimento nell’area delle professioni sanitarie stesse”, ha aggiunto il presidente della Cao.
Tra le richieste degli odontoiatri, viene sottolineata come “assolutamente necessaria” quella di inserire una modifica alla legge sulla concorrenza laddove viene prevista la possibilità di esercitare direttamente l’attività medica odontoiatrica, “riservata ad una professione intellettuale protetta a società commerciali, in contrasto con la Costituzione e le leggi dello Stato. Con la sola debolissima garanzia della presenza di un direttore sanitario iscritto all’Albo degli odontoiatri”.
Lamentata la mancata apposizione di taluni ‘paletti’, sul modello di quelli fissati per le farmacie: “La stessa legge sulla concorrenza, ad esempio, prevede per le società di capitali operanti nell’esercizio della farmacia, la possibilità di controllare direttamente o indirettamente non più del 20% delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma e per la professione forense, esercitata in forma societaria, una quota di capitale non superiore al 30%. Non si comprendono i motivi per cui queste disposizioni non possano essere applicate anche nel settore odontoiatrico”, ha aggiunto Renzo.
Viene, infine, richiesta la rapida approvazione di quelle norme di riforma dell’art. 348 del codice penale, che, “allo stato attuale sanziona in modo irrisorio l’esercizio abusivo della professione“.
Passiamo così alla Fofi. Il segretario della Federazione dei farmacisti, Maurizio Pace, ha spiegato in via preliminare come la Fofi ritenga “doveroso procedere ad un ammodernamento della disciplina degli Ordini e dei Collegi delle professioni sanitarie, in quanto risalente a più di settanta anni fa ed il disegno di legge in oggetto, nella prima versione approvata dal Senato, prevedeva un impianto sostanzialmente condivisibile”.
Tra le criticità segnalate, quella di una riforma attuata con un atto di rango secondario: “Si reputa non condivisibile la scelta di rimettere a regolamenti governativi e ad un decreto del Ministro della salute la regolamentazione di dettaglio della disciplina Ordinistica”.
Applicazione Dpr 221/1950 fino all’adozione dei nuovi regolamenti governativi. “Il Ddl prevede che fino all’adozione dei nuovi regolamenti governativi trovino applicazione ‘per quanto compatibili’ le disposizioni del Dpr 221/1950. In proposito, l’utilizzo di tale locuzione crea numerose criticità che potrebbero dar luogo a contenziosi con esiti interpretativi di tenore contrastante”, ha aggiunto.
E ancora, regolamenti di organizzazione delle Federazioni nazionali e degli Ordini provinciali. Viene qui segnalato un ulteriore disallineamento tra la disciplina prevista per le Federazioni nazionali e per gli Ordini. In particolare, per le Federazioni nazionali è previsto che, fino all’adozione dei nuovi regolamenti e degli statuti previsti dal disegno di legge, si applichino i regolamenti di organizzazione già vigenti, mentre con riferimento agli Ordini provinciali una disposizione del medesimo tenore non è presente.
Anche dalla Fofi vengono poi criticati il quorum dell’assemblea elettorale, i seggi in più sedi ed il voto in via telematica.
Dito puntato anche contro il limite di due mandati consecutivi. Il segretario Pace ha invitato ad una “riflessione” su questa disposizione: “La durata complessiva di otto anni appare riduttiva tenuto conto che ciascun mandato è pari a quattro anni. Infatti, nelle altre ipotesi in cui è previsto dalla legge un limite al numero dei mandati, come ad esempio nel caso dei sindaci, la durata di ciascun incarico è di 5 anni”.
Ribadita anche dai farmacisti la mancata previsione dell’obbligatorietà del Codice deontologico su tutto il territorio nazionale.
Infine, sul divieto di cumulo tra le professioni sanitarie, la mancata approvazione della riformulazione costituisce “un’occasione persa”. “La modifica proposta, confermando il divieto di esercizio in farmacia solo per le professioni abilitate alla prescrizione di farmaci ed eliminandolo per le altre, avrebbe favorito il processo, già da tempo in atto, di trasformazione della farmacia in presidio socio-sanitario del territorio, recependo anche il più recente orientamento giurisprudenziale in merito”, conclude Pace.
In conclusione è stato il turno della Fnovi che ha da subito evidenziato come i lavori parlamentari abbiano “consistentemente modificato il testo originario fino a renderlo quasi irriconoscibile”. “Il testo non sembra aver compreso l’autentica mission dell’Ordine nella professioni e nella società ed incide negativamente sulla loro autonomia, disconoscendone il ruolo di organi sussidiari dello Stato. Sembra essere prevalsa la preoccupazione di introdurre elementi innovativi sotto il profilo amministrativo e formale, senza essere invece entrati nel merito dei problemi reali delle professioni e del difficile equilibrio dei rapporti tra rappresentatività professionale e crescita delle competenze istituzionali”, spiegano i veterinari.
Passando quindi ad una analisi più puntuale, queste alcune delle criticità contestate dalla Fnovi:
L’articolazione geografica: “Forse ci si sarebbe aspettati una scelta più coraggiosa rispetto all’attuale rinvio alle circoscrizioni geografiche corrispondenti alle province esistenti alla data del 31 dicembre 2012”.
La definizione dell’organismo ordinistico: “Non risulta evidenziato con la necessaria chiarezza che gli Ordini professionali sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria”.
Anche i veterinari contestano poi il limite dei due mandati: “Nell’esprimere preferibile la previsione di una durata di 5 anni, che rappresenterebbe un allineamento alle regole che disciplinano il rinnovo dei Consigli di Amministrazione delle Casse di Previdenza, meritano un’attenta considerazione le disposizioni volte ad impedire che gli incarichi elettivi possano essere ricoperti per più di due mandati consecutivi, trattandosi di interventi che destrutturano l’attuale assetto ordinistico”.
Ed ancora convocazione, modalità di voto e quorum: “La previsione di tre convocazioni e le nuove previsioni in ordine al quorum necessario per la validità dell’Assemblea elettorale renderà più lungo e farraginoso il procedimento elettorale, con complicazioni operative delle quali non si comprende la ratio. Appare inoltre completamente avulsa dal sistema ordinistico la previsione di più seggi, in sedi diverse da quella dell’Ordine”.
Fnovi, come le altre Federazioni, contesta poi quanto proposto per il Codice dentologico: “Appare fortemente contradditorio richiedere la maggioranza dei due terzi per l’approvazione del Codice Deontologico (circostanza che ci trova ovviamente ?d’accordo) e poi non prevedere la sua automatica obbligatorietà su tutto il territorio nazionale.
Stesso dicasi, infine, per la fase di transizione: “Mentre per le Federazioni Nazionali i relativi regolamenti di organizzazione restano efficaci fino all’adozione degli Statuti, per gli Ordini provinciali la medesima previsione non viene ripetuta”.
Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanità – 2 dicembre 2017
Audizione Fofi
Audizione Fnovi
Audizione Fnomceo
Audizione Cao