Mentre il governo battaglia con l’Europa sui decimali e i senatori alle prese con la manovra si contendono emendamenti da poche decine di milioni, l’antipasto della campagna elettorale punta deciso ai miliardi. Quelli che servono a finanziare gli 80 euro alle famiglie con figli lanciati domenica da Renzi alla Leopolda, le pensioni minime a mille euro promesse da Berlusconi nei suoi passaggi televisivi, e il reddito d’inclusione al centro del programma a Cinque Stelle.
Quanti siano davvero i miliardi necessari a trasformare il tutto da propaganda a realtà non lo sa nessuno, e già questo la dice lunga: l’unico dato certo, al momento, è che nel bilancio pubblico di questi soldi non c’è traccia.
Parecchio complicato è tradurre in cifre l’idea degli 80 euro alle famiglie con figli, proposti per ora dal segretario Pd come indirizzo politico che come misura definita; anche perché in Italia reddito e tasse sono personali, non famigliari. In soccorso può arrivare l’Istat, che conta poco meno di 6 milioni di famiglie con almeno un figlio, 4,4 milioni con due figli, 900mila con tre e così via. Dare a tutti 80 euro al mese costerebbe 5,7 miliardi, e il conto scenderebbe a 4,2 miliardi partendo da due figli crollando a 864 milioni riservando il tutto alle famiglie più numerose.
Istat e Inps spiegano anche che sono poco più di 5 milioni, cioè il 53% del totale, gli assegni per le pensioni di anzianità e vecchiaia che non arrivano a mille euro. Portarli tutti a quel livello avrebbe un costo lordo fino a 18 miliardi, da pulire esaminando la situazione dei titolari di più assegni.
Il piatto forte del menu a Cinque Stelle è rappresentato invece dai 20 miliardi del reddito di cittadinanza, da finanziare con tagli ai bonus fiscali, tagli alle spese della Pa, tasse su banche e trivellazioni e stretta sui dividendi di Bankitalia: che per lo Stato, però, sono un’entrata.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 28 novembre 2017