Doveva partire il primo maggio. Poi il decreto è arrivato a metà giugno. Le domande da inoltrare fino al 15 luglio. La graduatoria promessa entro il 15 ottobre. Invece nulla. L’Ape sociale, l’indennità pagata dallo Stato per anticipare la pensione a 63 anni varata un anno fa, è nel caos. Anche le poche richieste sin qui accettate non verranno accontentate prima dell’anno nuovo. Natale amaro dunque per migliaia di lavoratori.
Alla vigilia di un importante appuntamento — l’emendamento alla legge di Bilancio con cui il governo ha promesso a Cisl e Uil di ampliare i destinatari dell’Ape sociale nel 2018, utilizzando le risorse avanzate quest’anno — l’Inps non ha ancora un quadro di quanti sono dentro e quanti fuori. Si sa che su 65 mila istanze, solo 22 mila risultano accolte. Una su tre. Le 43 mila respinte sono sotto riesame, dopo le polemiche dei sindacati e la promessa del ministro del Lavoro Giuliano Poletti di addolcire la rigidità dell’Inps nella valutazione dei criteri di legge.
Nel frattempo si è aperta una seconda finestra che si chiude giovedì. Le nuove domande, secondo le prime indiscrezioni, non dovrebbero essere più di 15 mila. Molte tra queste però di lavoratori rifiutati al primo tentativo, fiduciosi nel ripescaggio. Da quanto si capisce — la situazione è assai fluida — alcuni nodi sono stati risolti. Come i contributi di chi ha lavorato all’estero, dapprima non riconosciuti. E l’impiego temporaneo trovato dopo il licenziamento, accettato per durate sotto i sei mesi. Il buco nero è però altrove. Tra i lavoratori cosiddetti “ gravosi”, le 11 categorie individuate nel 2016 e che ora il governo vuole estendere a 15 per escluderle da “quota 67 anni”, la nuova età pensionabile.
Ebbene qui la confusione è massima. Qualcosa si è inceppato nella condivisione delle informazioni tra Inps e Inail, che pure Poletti aveva garantito sarebbe stata scorrevole, ormai un mese fa. In sostanza si fa fatica ad assegnare il bollino di gravoso ai singoli mestieri. I codici delle domande, il più delle volte, non collimano con quelli in mano all’Inps, che li deriva dalla legge. È il caso di un lavoratore di Bologna che segnala a Repubblica che il 95% delle richieste di “precoci gravosi” del settore Trasporti e Logistica — lavoratori che hanno iniziato da minorenni — è stata respinta per mancanza di requisiti. Spesso si tratta di autisti di mezzi pesanti assunti a loro insaputa con l’altra qualifica di “ autista privato”. All’epoca non era rilevante. Oggi sì. E basta per negare l’Ape, anche a chi ha guidato un camion per 41 anni.
E poi c’è la questione Inail. Molte domande sono state scartate perché l’impresa ha versato una tariffa Inail — che sale al crescere della rischiosità del lavoro svolto — inferiore al 17 per mille indicato dal decreto attuativo dell’Ape. Ma basta questo per negare la “ gravosità” e l’Ape nonostante 36 anni o più di contributi? I sindacati segnalano che spesso le aziende, a parità di rischio, trovano sempre un modo per pagare meno. Un’altra grana per il governo. Che ha appena rotto con la Cgil, in piazza sabato, anche sui “gravosi”.
Repubblica – 28 novembre 2017