Tutta colpa di Germania e Spagna. All’indomani della sconfitta di Milano a favore di Amsterdam nella gara per il trasferimento della sede dell’Ema (agenzia europea del farmaco) da Londra, a tenere alta l’attenzione del mondo politico italiano sono quei due punti mancanti durante il secondo turno in Consiglio europeo, quelli probabilmente mai arrivati dalla Spagna e dalla Germania.
Il ragionamento è certamente fatto con il senno di poi, ma a quanto pare la partita per Milano si sarebbe chiusa lì, al secondo turno di voto, quando la città lombarda ha raggiunto 12 punti e non 14, pur essendo comunque la più votata (Amsterdam ha ottenuto 9 punti e Copenaghen 5).
Con due punti in più non si sarebbe arrivati al terzo turno, e Milano si sarebbe aggiudicata subito la vittoria. Il resto è già storia: al terzo turno Milano e Amsterdam hanno avuto 13 voti pari, e così il sorteggio, considerato come un’ipotesi remota, è diventato invece inevitabile.
I diplomatici e i tecnici che hanno lavorato al dossier Milano parlano di un «voltafaccia» di Germania e Spagna. Il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel, solo una settimana fa, aveva espresso apprezzamenti per la candidatura di Milano, che dal governo Gentiloni erano stati letti come un endorsement. Ci si aspettava dunque un sostegno tedesco, anche se al primo turno era scontato che la Germania votasse per Bonn. Ma così non è stato.
Forse la Germania ha preferito la “vicina” Amsterdam, in cambio di un aiuto per l’Eba (che poi si è mostrato inutile), o ha tentato di sostenere Vienna. La scelta tedesca “anti-italiana” è stata comunque notata rapidamente, visto che poi anche l’Italia probabilmente ha ricambiato con la stessa moneta non esprimendo la preferenza per Francoforte nel voto per l’Eba (andata poi a Parigi).
Nemmeno la Spagna ha sostenuto l’Italia, preferendo Amsterdam, anche se settimane fa la Spagna era ritenuta un’amica, in qualità di rappresentante dei paesi del Mediterraneo. Il ministro degli esteri spagnolo Alfonso Dastis ha detto ieri che non ci sono tensioni con Roma dopo il voto, ma ha voluto sottolineare che non era stato raggiunto «nessun accordo» con l’Italia.
Infine l’inattesa astensione della Slovacchia ha fatto il resto, visto che improvvisamente i paesi sono diventati 26 e non più 27, un numero pari che ha provocato lo stesso esito per Amsterdam e Milano.
Ieri ancora commenti dal mondo politico. Va all’attacco il governatore lombardo Roberto Maroni, che oltre a puntare il dito contro la Spagna («vorrà dire che sosterremo di più la Catalogna»), accusa il governo di essere stato poco presente. In molti riflettono sulla necessità di cambiare le regole del gioco, per eliminare la possibilità del sorteggio (la Commissione Ue si difende dicendo che le modalità di voto sono state decise dai paesi stessi). Intanto arrivano parole positive per l’Italia .«Milano avrebbe meritato che la moneta cadesse dall’altra parte», ha detto Guido Rasi, direttore esecutivo dell’Ema. «Il risultato di Ema è la dimostrazione del fatto che Milano ha tutte le possibilità di candidarsi a grandi risultati», ha detto l’ex premier Enrico Letta. Vincenzo Salvatore, che sedeva al tavolo tecnico degli imprenditori per Ema, ricorda che in ogni caso «sono stati stipulati protocolli di intesa e accordi di collaborazione che vedono coinvolte aziende farmaceutiche ed associazioni di categoria omologhe di Farmindustria, quindi il patrimonio non dovrà essere disperso».
Sara Monaci – Il Sole 24 Ore – 22 novembre 2017