Tutti i professionisti hanno diritto a un equo compenso. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato l’emendamento alla legge di conversione del decreto fiscale che stabilisce il diritto a un compenso minimo al di sotto del quale non si potrà scendere che deve essere «proporzionato alla qualità e quantità del lavoro». Per gli avvocati, il riferimento saranno i parametri stabiliti con il Dm 55/2014 utilizzati dai tribunali; per le altre professioni ordinistiche valgono i parametri utilizzzati dai tribunali mentre per le professioni ex lege 4/2013 questo aspetto resta da chiarire.
Un diritto che scatta quando il committente è una banca, un’assicurazione o una grande azienda; anche la pubblica amministrazione – con il beneplacito del ministro per la Semplificazione Marianna Madia – dovrà garantire «il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore della legge». Per la Pa, quindi, è esclusa l’applicazione retroattiva del principio, prevista invece per gli altri casi.
Soddisfazione dalla responsabile Lavoro del Pd, Chiara Gribaudo, che ha subito rivendicato l’impegno della maggioranza sul tema. Sono molte le associazioni di categoria che plaudono a questa novità. «Una vittoria per tutti i professionisti» è il commento di Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni che si dice colto di sorpresa dalla notizia «considerate le premesse di queste ultime settimane». E aggiunge: «Adesso bisogna monitorare i passaggi successivi e se possibile migliorarlo negli aspetti tecnici».
Questa norma, afferma il presidente Colap Emiliana Alessandrucci «è una norma di principio che supera la vergognosa sentenza di Catanzaro». Un riferimento al bando del Comune di Catanzaro, che riconosceva al professionista il compenso simbolico di un euro per la sua prestazione, ritenuto legittimo dal Consiglio di Stato con sentenza del 3 ottobre.
La notizia dell’approvazione della norma è arrivata ai presidenti del Comitato unitario delle professioni (Cup) e della Rete delle professioni tecniche (Rpt), Marina Calderone e Armando Zambrano a poche ore da una conferenza stampa indetta per presentare la manifestazione delle professioni il 30 novembre a Roma, proprio sull’equo compenso. Per Calderone la manifestazione si farà comunque, perché «sono ancora possibili interventi. Ad esempio – spiega – bisognerebbe chiarire il passaggio nel quale si parla di invarianza di spesa . E bisogna specificare meglio le modalità di applicazione alle professioni non regolamentate».
Soddisfatto Zambrano, convinto che questa norma ponga rimedio a errori fatti in passato che hanno indebolito un’intera classe media, anche se la ritiene migliorabile. «Sono necessarie alcune limature – sostiene – e bisogna vigilare perché il principio appena introdotto non venga disapplicato dalla Pa». Un’intenzione «pericolosa» per Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera che invita «a non fare danni nel passaggio a Montecitorio». Il suo suggerimento è «se non ci saranno le idee chiare, sarà meglio non mettere mano al testo». Il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, sottolinea invece che «a questo punto è evidente che il mio Ddl è destinato a fermarsi. Viene sostituito da un provvedimento forse meno completo nei contenuti, ma che afferma un principio fondamentale».
Soddisfazione arriva anche da Ordini e Casse di previdenza. Per Massimo Miani, presidente dei commercialisti, questa norma costituisce «un ineludibile corollario di quella sul divieto di abuso di dipendenza economica previsto nel Jobs act degli autonomi». L’introduzione dell’equo compenso – dice Diego Buono, presidente della Cassa geometri – restituisce dignità al lavoro professionale e ripristina un concetto fondamentale della Costituzione».
Il Sole 24 Ore – 16 novembre 2017