Martina Zambon. Venezia La grande piattaforma in salsa veneta sull’autonomia è stata licenziata ieri dalla prima commissione del Consiglio regionale. E non è cosa da poco visto che si tratta della base operativa su cui si aprirà la trattativa romana che dovrebbe condurre all’approdo parlamentare, trattativa ad alta tensione che parte con la richiesta dei 9/10 del gettito d’imposta. La proposta di legge intitolata «Percorsi e contenuti per il riconoscimento di ulteriori e specifiche forme di autonomia per la Regione del Veneto» è stata approvata senza modifiche, pronta per la discussione in aula a Palazzo Ferro Fini.
Nella ridda di prese di posizione indignate (ambo parti), il Pdls 43 passa, a maggioranza e senza che sia stata modificata una sola virgola, al voto del consiglio regionale in programma da martedì a mercoledì prossimi. Ha votato contro il capogruppo del Pd, Stefano Fracasso, che era correlatore mentre i compagni di partito lasciavano l’aula. Idem per Piero Ruzzante del Gruppo Misto. Uno schema che, con tutta probabilità, si ripeterà proprio in consiglio la prossima settimana. Fracasso si dice fiducioso di poter ottenere modifiche nel corso della discussione ma l’ala più realista del Pd si accontenterà di presentare qualche decina di emendamenti soppressivi. «La nostra posizione è chiara: – dice secco il consigliere Pd Graziano Azzalin – come abbiamo fatto oggi (ieri n.d.r. ), usciremo dall’aula, non ci prestiamo a questa pagliacciata»
L’autonomia infiamma gli animi: ieri, nel corso della prima commissione deputata a tirare le somme sulla versione definitiva del tomo di 129 pagine si sono «dati i numeri». Dopo le stime parziali fornite nel corso della settimana alle altre commissioni, ieri a tenere banco è stata la relazione di quattro pagine redatta e presentata dal costituzionalista Luca Antonini: competenza per competenza, si è arrivati a contabilizzare quanto varrebbe l’autonomia post referendum in ogni settore.
La classifica vede sul podio la voce Lavoro e Previdenza con 5,5 miliardi, la medaglia d’argento va all’Istruzione con quasi 5 miliardi di euro e poi Tutela e sviluppo del territorio cui andrebbero 3,7 miliardi.
Per la Sanità sarebbe prevista una dotazione di oltre 3 miliardi che si sommerebbero agli attuali 9 che già la sanità si mangia (ben oltre la metà del bilancio regionale che arriva a 14 miliardi di euro). A seguire, fra gli altri, oltre 900 milioni per lo Sviluppo economico, circa 500 per la cultura.
I conti di Antonini si basano non tanto sui conti dello Stato difficili da ripartire quanto sul «modello Trento»: per ciascuna delle 23 voci si è distillata la spesa procapite dei trentini applicandola ai veneti e ottenendo la differenza di gettito che arriverebbe a Nordest se il tavolo delle trattative approvasse la piattaforma uscita dal referendum del 22 ottobre.
«Un libro dei sogni buono per i bimbi» lo liquida Fracasso. Un lungo e dettagliato elenco didesiderata che potrebbe cambiare il quotidiano dei veneti. Spulciando fra le competenze ci si imbatte nell’articolo 23 sul Governo del territorio. E si scopre che la Regione avrebbe piena competenza su «limiti di densità abitativa, di altezza, di distanza fra i fabbricati», insomma, addio limite di dieci metri fra casa e casa. E potrebbe cambiare anche la disciplina sulle ristrutturazioni edilizie. Il Pdls scende nel dettaglio. Nelle materie più disparate. Le casse di risparmio e rurali finiranno sotto l’ala della Regione con tanto di versamento diretto del bollo sui conti correnti e di un 3% degli utili per creare un fondo mutualistico a tutela dei correntisti. La parte del leone la fa la scuola. Si arriverebbe a contratti collettivi regionali per docenti e non. Il piano del paesaggio, passando al capitolo beni culturali, non avrebbe più bisogno del via libera vincolante della Sovrintendenza e persino la «determinazione dei criteri» per stabilire cos’è rifiuto speciale o no passerebbe in capo a Venezia.
Scelti dalla Regione, i giudici di pace, i medici e persino, in accordo con gli atenei, i percorsi formativi. Poche righe, poi, per dire che rete autostradale e nazionale sarebbero trasferite al demanio regionale. Con buona pace di Anas. Già noto l’articolo che allunga le competenze alla salvaguardia di Venezia e poi la nascita di una zona franca nel porto con nomia diretta del presidente. Resterebbero su suolo veneto l’accise su gasolio e benzina per il trasporto pubblico locale.
Un libro dei sogni in cui la maggioranza crede. «L’assemblea rispetta i tempi. – dice il presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti – . Il Veneto si presenterà a Roma con una legge particolare che specifica ogni competenza, con intenti e obiettivi chiari, un lavoro molto più puntuale e preciso rispetto, ad esempio, a quello che ha fatto l’Emilia che si è presentata con una semplice mozione».
Il Corriere del Veneto – 11 novembre 2017