Fermi tutti, non è detto che «la pratica nuovo ospedale» debba ricominciare daccapo. E’ vero, ieri si è riunita la commissione con i tecnici di Regione (architetto Antonio Canini), Comune (architetti Franco Fabris e Maurizio Striolo), Provincia (architetto Luigi Rizzolo), Università (Mario Plebani, presidente della Scuola di Medicina, e Francesca da Porto, prorettrice all’Edilizia) e Iov (l’ingegner vittoria Bernkopf), coordinati da Luciano Flor, direttore generale dell’Azienda ospedaliera. Sul tavolo l’analisi delle tre opzioni tornate in discussione: il «nuovo su vecchio» riproposto dal sindaco Sergio Giordani, cioè la costruzione di una cittadella sanitaria sempre in via Giustiniani, al posto di quella attuale; Padova est, deliberata dalla giunta Zaia nel novembre 2016 su richiesta dell’allora primo cittadino Massimo Bitonci; e l’ospedale ai Colli, di proprietà dell’Usl 6 Euganea e rilanciato dalla Provincia (la prima candidatura risale al 1995, giusto per capire da quanto tempo si parla di un nuovo policlinico).
I «saggi» dovranno valutare pro e contro di ognuna delle tre soluzioni e presentare la migliore al prossimo tavolo regionale del 27 novembre, decisivo. In realtà il governatore Luca Zaia, che ha detto di non voler perdere altro tempo, e il sindaco Giordani si sarebbero già accordati. Per tutelare il Comune dal rischio di danno erariale paventato dagli avvocati consultati qualora si cedessero gratuitamente alla Regione i 430 mila metri quadrati di Padova est (280 mila di proprietà di Palazzo Moroni e 150 mila dei privati), come voleva fare Bitonci, la Regione li comprerà. Si parla di una cifra di 50 milioni di euro, ma per essere certi della valutazione il sindaco ha disposto una perizia sui terreni in questione, iniziata ieri mattina. Il prezzo preventivato è comunque ritenuto congruo dalla Regione, che del resto ha messo a bilancio 50 milioni di euro all’anno per un triennio da destinare al nuovo ospedale, accantonandone già 100. Costerebbero di più eventuali espropri in un’altra zona (a Padova ovest si era calcolata una spesa di 60 milioni, per esempio), che oltre tutto dilaterebbero ulteriormente i tempi. Invece Padova est sarebbe disponibile subito ed è considerata strategica dal punto di vista viario, perché i 7 milioni per realizzare la nuova bretella di collegamento con Padova ovest, l’Arco di Giano, ci sono già: sono fondi statali corrisposti al Comune.
Dal canto suo Giordani ne uscirebbe altrettanto vincitore: dovrebbe sì accantonare — come prima di lui Bitonci — il piano nuovo su vecchio, ma avrebbe scongiurato il danno erariale. E comunque ricostruire un polo del futuro, tecnologicamente più avanzato e bisognoso di maggiori fonti di alimentazione, sarebbe improponibile per un motivo strutturale spiegato dall’architetto Canini, ma forse passato inosservato: non è possibile espandere la rete energetica. Da qui l’accordo su Padova est, che per chiudere il cerchio risponde a un’altra esigenza di Giordani: non lasciare un «buco nero» in via Giustiniani, dove infatti c’è già un progetto di riqualificazione e riconversione condiviso con l’Università e del quale parliamo nel pezzo qui accanto.
Ma perché l’ospedale ai Colli non è una via percorribile? Lo spiega Fabrizio Boron, oggi presidente della commissione regionale Sanità, ma nel 1995 consigliere del Quartiere 6 Ovest in cui il complesso sorge, nel 2009 presidente dello stesso Consiglio di quartiere e nel 2014 assessore all’Edilizia nella giunta Bitonci, quando si scelse Padova est. «In poche parole negli ultimi 22 anni ha seguito tutta la discussione in merito — spiega Boron — i motivi della inidoneità del polo di Brusegana sono tre. Primo: la Provincia parla di 503 mila metri quadri, ma 100 mila sono soggetti a vincolo storico, 67mila sono dei privati e altri 100mila si posizionano dall’altra parte del cavalcavia. Già adesso scontiamo l’anomalia di un ospedale tagliato in due da una strada, vogliamo addirittura sostituirla con una tangenziale? Secondo — prosegue il presidente — bisognerebbe cambiare la viabilità, aggiungendo due corsie di immissione ed uscita dalla tangenziale. Ma non c’è spazio. Terzo: in zona ci sono le scuole, che congestionano il traffico nelle ore di punta».
Il Corriere del Veneto – 8 novembre 2017