Michela Nicolussi Moro. «Arrivati a questo punto consiglio a chi ha bisogno di una visita, di una ricetta o di un’impegnativa di chiederla entro quattro o cinque giorni, perché da mercoledì prossimo può succedere di tutto». Allarga le braccia, Flavio Magarini, portavoce di Cittadinanzattiva-Tribunale del Malato, appena appresa la notizia che l’incontro di ieri a Palazzo Balbi con l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, e il direttore generale di settore Domenico Mantoan non ha persuaso i medici di famiglia a sospendere lo sciopero degli ambulatori proclamato a partire dai giorni 8 e 9 novembre.
«Saranno solo le prime delle 81 giornate di chiusura degli studi programmate fino a dicembre 2018, se la Regione non ci garantirà la piena applicazione del Piano sociosanitario» annunciano Domenico Crisarà (Fimmg), Salvatore Cauchi (Snami), Liliana Lora (Smi) e Ildo Antonio Fania (Intesa sindacale), segretari delle quattro sigle di categoria per la prima volta unite.
Il confronto con Coletto e Mantoan, pur svolgendosi in un clima di collaborazione, non ha portato ad un accordo che renda possibile la sospensione dello sciopero già proclamato.
Rimangono ancora molti punti da chiarire sul ruolo dei medici di famiglia, sullo sviluppo delle cure primarie e sull’integrazione tra ospedale e territorio. Confermiamo la disponibilità al dialogo e alla risoluzione dei nodi sul tavolo, fino al raggiungimento della quale andiamo però avanti con lo stato di agitazione». Che sarà illustrato nei dettagli nell’assemblea generale prevista a mezzogiorno di sabato al Crown Plaza di Padova. Per ora ci sono solo due certezze: «Da metà novembre gli ambulatori rimarranno chiusi quattro giorni a settimana – aggiungono i sindacalisti – ma, nel rispetto della legge, garantiremo i servizi essenziali. Cioè l’assistenza domiciliare e le cure urgenti ai malati cronici e terminali».
Sbotta Magarini: «E’ una follia, non discuto le ragioni della mobilitazione, ma non possono scontarle i cittadini più fragili. Non ricevere i pazienti significherà allungare ulteriormente liste d’attesa che per una visita dal proprio dottore arrivano già a una settimana. Siamo subissati di segnalazioni in tal senso».
Cerca di riportare la calma l’assessore Coletto: «Quella con i medici di base è stata una riunione positiva e improntata alla concretezza. Abbiamo consegnato loro un documento che considero una buona base per arrivare a sottoscrivere un accordo in tempi brevi». Ma allora perché la categoria è sul piede di guerra dalla scorsa estate? La rivendicazione di fondo sta nel mancato potenziamento dell’assistenza territoriale prevista dal Piano sociosanitario su tre livelli.
Primo: meno posti negli ospedali per acuti e più letti nelle «strutture intermedie», dedicate cioè ai pazienti dimessi ma non ancora nelle condizioni di tornare a casa subito (l’esempio più classico: anziani appena operati o soggetti reduci da interventi e terapie importanti che non hanno nessuno in grado di seguirli). Alla chiusura di 1212 letti ospedalieri doveva seguire l’apertura di 3038 posti letto sul territorio, ma ne mancano ancora 1263.
Secondo: l’attivazione delle Medicine di gruppo integrate (ambulatori aperti h12 o h24), ferma a 55 su 86 per i medici e a 70 su 86 per la Regione: «Noi però il sacrificio di lasciare gli studi singoli per associarci lo abbiamo fatto – dicono i sindacati – e abbiamo anticipato i soldi per computer e infermieri». La Regione ha corrisposto 25 milioni di euro, ma ce ne vogliono 100 per completare l’operazione, che i tagli del governo al Fondo sanitario hanno frenato.
Terzo: è stato interrotto l’iter del fascicolo sanitario elettronico, che poteva ridurre la burocrazia e accelerare tempi di diagnosi e ricette. «Tutto ciò aumenta il nostro lavoro e quello delle 40mila famiglie venete costrette a tenersi a casa pazienti che non trovano risposta sul territorio», chiudono i medici di base.
«Un nuovo incontro – assicura Coletto – sarà necessario ad approfondire sul piano tecnico e finanziario l’informatizzazione degli studi. Compiuto questo passaggio, l’accordo complessivo potrà essere siglato, risolvendo alcune tensioni che, fanno parte del gioco e della dialettica democratica. L’obiettivo comune resta per tutti l’interesse della gente ad essere assistita al meglio».
Il Corriere del Veneto – 1 novembre 2017