Una partenza a passo di lumaca con lo spettro dell’ingorgo dovuto al cammino parallelo, ma non troppo, del decreto fiscale. E con l’incognita dei numeri da trovare per la votazione di ogni emendamento dopo l’uscita ufficiale di Mdp dalla maggioranza. Il percorso al Senato del disegno di legge si bilancio si annuncia tutto in salita e denso di trappole. Che potranno presentarsi sotto forma di correzioni al testo sulla cancellazione (graduale) dei super ticket sanitari o sul congelamento (almeno parziale) dell’aumento automatico a 67 anni dell’età pensionabile nel 2019. Ma anche con la fisionomia di mini-ritocchi dell’opposizione a quelli che il ministero dell’Economia considera pilastri inamovibili della manovra o di micro-mance in chiave pre-elettorale.
Molte variabili, dunque, e due certezze: l’iter “effettivo” sarà breve e quasi sicuramente prevederà un approdo in Aula del testo senza un mandato della commissione Bilancio ai relatori; il ricorso alla fiducia, che appare scontato.
Anche per l’incertezza dei numeri in tutte le commissioni (che sono chiamate a esprimere i pareri sul Ddl di bilancio e decreto fiscale), la maggioranza cercherà probabilmente di tenere il meno possibile il testo all’esame della Bilancio, dove il rischio di imboscate sarebbe altissimo, con il pericolo però di un cortocircuito tra l’iter del provvedimento e quello del decreto fiscale, che già da diversi giorni è fermo al Senato.
Il ritardo prolungato dell’avvio della sessione di bilancio è funzionale a questo schema. Ancora venerdì il testo del Ddl di bilancio non era arrivato al Quirinale per la firma del Capo dello Stato. Martedì, se non ci saranno ulteriori ritardi, il presidente del Senato, Pietro Grasso, aprirà formalmente la sessione e la commissione Bilancio dovrà pronunciarsi sugli eventuali stralci. Ma l’iter è già tracciato all’insegna degli stop and go. Ci si fermerà infatti subito per la pausa collegata alle elezioni siciliane del 5 novembre. Si ripartirà il 6 novembre ma senza entrare nel vivo: il calendario dovrebbe prevedere fino al 7 le abituali audizioni sul testo dei rappresentanti del Governo, istituzioni, associazioni di categoria e sindacati, cumulandole con quelle del decreto fiscale che nel frattempo sono state soppresse. L’8 novembre cominceranno le votazioni sul Dl (la scadenza per la presentazione degli emendamenti è stata fissata al 31 ottobre), due giorni dopo, il 10, scadrà il termine per il deposito dei correttivi dei gruppi parlamentari al Ddl di bilancio (quello originario era fissato al 7 novembre).
Il testo del decreto dovrebbe approdare il Aula il 14 novembre (anche in questo caso è molto probabile la “fiducia”) e finché l’Aula non avrà concluso non potranno operativamente cominciare le votazioni in commissione sul Ddl di bilancio. Votazioni che non si potranno sviluppare per più di due o tre giorni per evitare al disegno di legge di approdare alla Camera per il secondo passaggio soltanto a dicembre. Il Ddl è atteso in Aula per il 21 novembre ma quasi sicuramente sarà sotto i riflettori dell’assemblea di palazzo Madama non prima del 23 o del 24 novembre. La settimana successiva dovrebbe essere inviato a Montecitorio, che è intenzionato a lasciare la sua impronta sul provvedimento ma che avrà pochissimo tempo a disposizione per le modifiche visto che il Ddl dovrà tornare al Senato per ottenere possibilmente prima di Natale l’approvazione definitiva. E in quella finestra temporale, in cui la sessione di bilancio è nelle mani di Montecitorio, tra il 27 novembre e l’11 dicembre a Palazzo Madama si proveranno ad affrontare i provvedimenti rimasti in lista d’attesa. Non sono pochi e quasi tutti di “peso”. Oltre a nodi politici come i vitalizi o lo ius soli, fermi ancora ai box restano le modifiche al processo civile, la delega sulle concessioni demaniali e le professioni sanitarie solo per citarne alcuni particolarmente attesi. Per tornare alla manovra, sul decreto fiscale collegato le letture saranno soltanto due con la Camera che dovrebbe recitare il ruolo di mero notaio per l’approvazione definitiva: i tempi stretti per la conversione in legge non dovrebbero consentire ulteriori correzioni.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 29 ottobre 2017