Accantonata nel giro di sole 24 ore l’introduzione di una mini-patrimoniale del 2 per mille sulle polizze vita rivalutabili a capitale garantito (per questo quelle più diffuse). Le preoccupazioni suscitate sui mercati tra gli operatori e soprattutto tra gli investitori, ovvero i diretti interessati dalla nuova tassazione “occulta” messa a punto dai tecnici di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia, hanno provocato un dietro-front sull’intervento che secondo le prime valutazioni avrebbe dovuto garantire entrate per 194 milioni nel 2018 e 292 milioni dal 2019. Il potenziale balzello esce subito di scena e, contemporaneamente, si affaccia nel puzzle della manovra un bonus fiscale per chi decide di assicurare un fabbricato contro un terremoto o altre calamità naturali. Questa misura, contenuta in una delle ultime bozze del Ddl di bilancio, comporterebbe un onere iniziale di 30 milioni di euro per le casse dello Stato.
Lo sconto fiscale, che verrebbe introdotto per incentivare la sottoscrizione di polizze in un Paese come l’Italia ad alto rischio sismico e idrogeologico, si applicherebbe solo per le polizze stipulate dopo l’entrata in vigore della legge di bilancio. Nello schema di relazione tecnica si afferma che per il nostro Paese le catastrofi naturali rappresentano un rischio estremamente significativo che ha comportato negli ultimi dieci anni un esborso medio annuo pari a circa 3 miliardi di euro mentre le abitazioni assicurate contro le catastrofi naturali non superano il 2% dell’intero patrimonio abitativo. La misura preparata dai tecnici poggia al momento su una detrazione ai fini Irpef del 19% dei premi relativi alle polizze assicurative su unità immobiliari contro i rischi derivanti da catastrofi naturali.
La decisione sullo stop alla mini-patrimoniale sulle polizze vita e la volontà di introdurre il bonus fiscale per assicurare le case a rischio sisma sono state prese nel pieno dell’opera di affinamento che sta interessando la prima versione del disegno di legge di bilancio varato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri.I tecnici si stanno adoperando per giungere a un articolato chiaramente snello come era stato annunciato dal premier Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan subito dopo il via libera di palazzo Chigi alla manovra. Non a caso le ultime versioni dell’articolato in circolazione hanno assunto una fisionomia maggiormente riconoscibile.
Ma la quadratura del cerchio non appare ancora vicina. E la necessità di restare vincolati a un solido sistema di copertura potrebbe alla fine indurre il Governo a rinunciare momentaneamente ad alcune misure dal testo finale che la prossima settimana approderà a Palazzo Madama per poi puntare al ripescaggio in Parlamento sotto forma di emendamenti durante il cammino del provvedimento al Senato e alla Camera. Sarebbe il caso di una parte del mini-pacchetto previdenziale (la sola norma certa al momento è il bonus contributivo per facilitare l’accesso delle donne all’Ape), di una parte del pacchetto-Lotti sullo sport (v. Il Sole 24 Ore del 17 ottobre) e forse anche della norma che esclude la Rai dal perimetro Istat della pubblica amministrazione. Stessa sorte sul fronte fiscale potrebbe toccare alla riapertura della rottamazione delle liti tributarie pendenti così come alle semplificazioni sullo spesometro (per le quali resta sempre aperta la strada del decreto fiscale collegato). A causa di questa azione di limatura a vasto raggio ancora una volta il Governo, a meno di colpi di acceleratore dell’ultima ora, non rispetterà il termine del 20 ottobre per l’invio dell’articolato alle Camera come prevede espressamente la riforma del bilancio dello Stato.
Tra le misure ormai quasi certe di trovare posto nella versione finale ci sono il rinvio dell’Iri, l’obbligo di fatturazione elettronica per tutti dal 2019 (solo per carburanti e subappaltatori dal prossimo 1° luglio) e la proroga della cedolare secca del 10% sugli affitti. Sul fronte della lotta all’evasione fiscale dovrebbe arrivare anche una norma anti-frodi Iva sui carburanti immessi al consumo imperniata sul versamento dell’imposta, senza possibilità di compensazione, nel momento dell’ estrazione dal deposito: 270 milioni il gettito ipotizzato per il 2018.
Il Sole 24 Ore . 20 ottobre 2017