Venti miliardi è la dimensione della manovra economica che il Consiglio dei ministri approverà oggi con la legge di bilancio: tanto valgono complessivamente le misure messe in cantiere (compresa la completa cancellazione per il 2018 dei previsti aumenti dell’Iva) anche se in realtà per finanziarle il governo attingerà per oltre metà alla possibilità di fare maggiore deficit, concordata con l’Unione europea. Le altre coperture sono in parte già state incluse nel decreto fiscale – a partire dalla riedizione della rottamazione delle cartelle – che andrà in Gazzetta ufficiale proprio nella giornata di domani, e quindi sul piano formale potrà essere trattato come legislazione vigente.
I NUMERI
Ma se – come di consueto – fino all’ultimo momento i tecnici del ministero dell’Economia e di Palazzo Chigi saranno al lavoro per far quadrare i numeri, i problemi che deve affrontare il governo sono anche politici. C’è una forte pressione dei sindacati e della stessa maggioranza per dare un segnale almeno interlocutorio sul nodo dell’aumento di cinque mesi dei requisiti per la pensione, in primo luogo l’età per la vecchiaia che nel 2019 passerebbe a 67 anni. La richiesta è di rinviare di sei mesi, fino al prossimo giugno, la scadenza entro la quale deve essere adottato il provvedimento amministrativo che recependo i dati Istat sulla speranza di vita ufficializzi lo scatto. La legge prevede attualmente che questo decreto, del tutto automatico e senza spazi di mediazione politica, sia adottato un anno prima del passaggio ai nuovi requisiti, previsto appunto il primo gennaio 2019. Rinviare sarebbe tecnicamente possibile e lascerebbe la decisione al prossimo esecutivo, dopo le elezioni; la controindicazione è che una mossa del genere sarebbe vista a livello internazionale come un primo passo verso la messa in discussione della riforma Fornero. È difficile che su questo il governo si pronunci nell’incontro con i sindacati previsto per domattina: in quella sede invece sarà ribadita l’intenzione di rendere più facile l’accesso all’Ape sociale per lavoratrici con figli. Se si muoverà qualcosa in tema di speranza di vita è più probabile che avvenga con un emendamento durante la discussione parlamentare.
LE OBIEZIONI DELLA UE
Il piatto forte della legge di Bilancio resta il dimezzamento dei contributi sociali – per tre anni – per i lavoratori fino a 29 anni assunti dal prossimo anno. Questa soglia di età serve a limitare il costo per lo Stato in termini di oneri figurativi ma anche a rispondere alle obiezioni dell’Unione europea su questo tipo di misure. Dovrebbe però esserci un anno di transizione, il prossimo, nel quale l’agevolazione contributiva spetterà anche ai lavoratori fino a 34 anni, a condizione che si tratti del primo contratto. Confermate anche le misure per le politiche attive del lavoro, tra cui il rafforzamento in caso di crisi aziendali del ricorso all’assegno di ricollocazione. Sul superticket sanitario applicato dalle Regioni il governo darà un segnale, stanziando risorse per un suo parziale superamento.
Sul fronte delle coperture il governo, che non vuole ritoccare nessuna aliquota fiscale, punta sul maggiore gettito derivante dalla lotta all’evasione. Già nel decreto fiscale è stato previsto – insieme alla rottamazione bis delle cartelle – il potenziamento dello split payment (i fornitori delle amministrazioni pubbliche anticipano allo Stato l’Iva sulle relative transazioni): nella legge di bilancio troverà posto l’obbligo di fatturazione elettronica anche nei rapporti tra aziende private (che però potrebbe concretamente scattare solo nel 2019) e ci sarà anche una stretta sull’Iva nel settore dei carburanti. Una possibile rivisitazione delle agevolazioni fiscali (tax expenditures) sarebbe poi eventualmente inserita solo come clausola di salvaguardia, sempre relativa al 2019. Infine durante l’iter parlamentare saranno probabilmente inserite misure compensative a favore dei commercianti che devono accettare strumenti di pagamento elettronici: dopo di che scatteranno le multe per chi non accetta carta di credito o bancomat.
Il Messaggero – 16 ottobre 2017