Dopo il duello sull’applicazione in Veneto dell’obbligo vaccinale, nuovo scontro tra il governatore Luca Zaia e il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, stavolta sull’individuazione dei limiti da apporre alla concentrazione di Pfas nelle acque potabili. Ma nel mezzo dell’ennesima lite sull’asse Venezia-Roma, spunta pure una buona notizia: il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti annuncia infatti lo sblocco degli 80 milioni attesi per i primi interventi strutturali di messa in sicurezza degli impianti a cui si approvvigionano 350 mila persone sparse tra le province di Vicenza, Padova e Verona.
Nei giorni scorsi la Regione, che dal 2014 applica dei limiti «autoimposti» in via precauzionale, aveva chiesto al ministero di individuare parametri validi in tutto il territorio nazionale, anche per mettersi al riparto dai ricorsi che stanno arrivando da ogni parte, basati proprio sul fatto che nel resto d’Italia non esistono simili restrizioni. Il ministero, però, con una nota del direttore generale della Prevenzione Raniero Guerra, aveva risposto no. Il motivo? Lontano dal Veneto non si registrano criticità tanto gravi e diffuse da giustificare un simile provvedimento. Zaia, nell’annunciare che nella giunta della prossima settimana sarà adottata «una drastica riduzione dei limiti», si infuria: «L’atteggiamento del ministero è scandaloso, fa finta di non vedere la realtà e, di fatto, ci dice di arrangiarci. Si penalizza la Regione che per prima si è attivata mentre si lasciano le altre libere di decidere, col rischio magari di intervenire un domani quando i buoi saranno già scappati dalla stalla». E l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin ricorda che è stato lo stesso Cnr che nel 2013 scoprì il grave inquinamento ad indicare contaminazioni simili in Toscana, in Piemonte e in Lombardia.
Lorenzin si dice sorpresa che Zaia dica che il governo non agisce, «perché siamo stati noi a scoprire il problema qualche anno fa, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, invitando la Regione ad arginare l’altissimo rischio per la popolazione: questo rimpallo di responsabilità non è una buona cosa». Guerra, invece, replica colpendo nell’orgoglio i leghisti: «Il Veneto non può invocare l’autonomia nell’attuazione dei piani vaccinali nazionali e dimenticare la propria responsabilità nell’attuazione di misure che lo vedono in primissima linea sia per quanto accaduto che per quanto è stato finora compiuto». Per il ministero, infatti, l’applicazione dei piani di sicurezza delle acque – da cui poi dipendono i limiti – è in capo alle amministrazioni locali, concetto ribadito anche dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti («Tocca alla Regione individuare limiti più restrittivi»), che nel frattempo annuncia l’approvazione, dopo il via libera della Corte dei conti, del decreto che sblocca gli 80 milioni che, prelevati dal Fondo di coesione, dovrebbero essere ora destinati ai primi interventi infrastrutturali utili a superare l’emergenza, dopo che già da tre anni sono state assunte misure emergenziali per la messa in sicurezza della popolazione (come i filtri a carboni attivi). Un budget cospicuo ma, va detto, comunque lontano dalle cifre messe nero su bianco dalla Regione, che ha stimato in 100 milioni di euro i solid necessari per gli aspetti sanitari, più 260 milioni per l’allacciamento ad altre reti idriche e 200 milioni per gli interventi in agricoltura.
Dal Pd arriva un invito alla pace: «Basta con i rimpalli e le lettere – dicono i dem Federico Ginato e Stefano Fracasso – Ora ognuno faccia la propria parte e si apra un tavolo permanente», intanto Miteni si difende dalle nuove accuse lanciate da Greenpeace, secondo cui l’azienda non avrebbe i soldi per pagare le eventuali bonifiche a cui potrebbe essere condannata in futuro («L’azienda sta sottraendo Pfas dall’ambiente, depurando la falda con perfomance del 99% e avendo gli scarichi, anche quelli industriali, nel limiti previsti per le acque potabili») e fa sapere di aver avviato un’azione legale contro Mitsubishi, che non avrebbe mai messo a disposizione della nuova proprietà le indagini fatte in precedenza sui terreni dello stabilimento. (Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 23 settembre 2017)
Comunicato stampa Minsalute – La direzione generale prevenzione del Minsalute sull’emergenza Pfas
In riferimento a quanto dichiarato dai vertici della Regione Veneto sull’emergenza Pfas, il direttore generale della Prevenzione, Raniero Guerra, precisa quanto segue:
“Riguardo la richiesta della Regione Veneto di individuare valori di parametro da estendere a tutto il territorio nazionale, pur non volendo escludere a priori tale ipotesi, il Ministero della salute ha richiamato l’attenzione della regione sul DM del 14 giugno scorso, (del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Ambiente), che recepisce la Direttiva europea 1787 del 2015.
Il Decreto introduce l’attuazione dei Piani di sicurezza sull’intero sistema idro-potabile e rappresenta la più innovativa metodologia di prevenzione e controllo degli inquinanti potenzialmente presenti nei sistemi idropotabili, elaborata e promossa dall’OMS (Water Safety Plant). In effetti tale metodologia consente un cambio di passo nelle attività di prevenzione permettendo di monitorare tutto il sistema di captazione e adduzione delle acque, analizzando e censendo ogni rischio di contaminazione sin dall’origine. L’attuale sistema di controlli si limita alla verifica periodica di parametri al rubinetto, chiaramente insufficiente per comprendere l’intero e complesso sistema di gestione dell’acqua.
L’attuazione dei Piani di sicurezza e’ in capo all’amministrazione locale per evidenti motivi di appropriatezza e rilevanza della questione relativa al territorio in discussione. Si tratta pertanto di attuare principi di vera prevenzione su tutto il sistema di approvvigionamento idrico del territorio italiano, a partire dalla Regione Veneto.
La Regione non puo’invocare autonomia nell’attuazione dei piani vaccinali nazionali e dimenticare la propria responsabilita’ nell’attuazione di misure che la vedono in primissima linea sia per quanto accaduto che per quanto e’ stato finora compiuto. Non sono i limiti che vengono posti in discussione ma la realizzazione di un piano complessivo di sicurezza, in base all’analisi di rischio del quale vengono poi fissati i limiti.
L’ipotesi, esclusa solo al momento, di estendere valori di parametro dei PFAS su tutto il territorio nazionale è stata motivata dal fatto che allo stato delle conoscenze si riscontrano solo sporadici ritrovamenti di PFAS dovuti a fenomeni d’inquinamento del territorio italiano puntuali e localizzati, dove oltre il 90% dei campioni analizzati hanno concentrazione molto bassa, inferiore a 50 ng/L. , mentre l’inquinamento della falda veneta è un fenomeno diffuso su ampie aree della Regione stessa e rappresenta un episodio di inquinamento completo di una falda su un territorio ben preciso e identificato grazie, appunto, alla collaborazione prestata dal Ministero della Salute e dall’ISS”.
23 settembre 2017