La ripresa dei lavori delle Aule parlamentari parte oggi con due vistosi rinvii, a conferma della delicata situazione politica nei partiti e tra i partiti: in Senato la Capigruppo confermerà l’intenzione del Pd di non affrontare la legge sulla cittadinanza denominata ius soli prima dell’importante votazione di fine settembre sulla Nota di aggiornamento del Def per non indispettire anzitempo gli alleati centristi di Alternativa popolare; mentre alla Camera l’impasse sulla legge elettorale, di cui oggi dovrebbe riprendere a occuparsi la commissione Affari costituzionali, è doppia: politica, per la difficoltà dei partiti di mettersi d’accordo tra di loro e al loro interno, e tecnica, per il “segno” lasciato dalla votazione dell’8 giugno scorso in cui la maggioranza andò sotto sulla questione dei collegi del Trentino Alto Adige.
Che il passaggio della Nota di aggiornamento del Def in Senato sarà difficile si sapeva da settimane. E la Capigruppo di domani servirà a certificare il fatto che prima della votazione clou in cui necessiteranno 161 voti, ossia la maggioranza assoluta dei componenti, l’Aula di Palazzo Madama non è in condizione di esaminare provvedimenti politicamente sensibili. In verità i 161 voti occorreranno solo per la lettera con cui il governo chiederà al Parlamento l’autorizzazione allo scostamento dal deficit/Pil previsto dal Def di aprile: in sostanza l’autorizzazione a passare dall’1,2 all’1,8 con conseguenti 8,5 miliardi in più da poter utilizzare per la crescita e il lavoro. Il voto sulla Nota di aggiornamento vera e propria, così come naturalmente sulla successiva legge di bilancio, avverrà invece a maggioranza semplice e quindi potranno valere le assenze dei senatori. Non si vedono motivi per cui tra i 161 voti richiesti per lo scostamento – è il ragionamento che si fa in casa Pd – non ci debbano essere anche quelli dei bersaniani del Mdp. Tuttavia è meglio non risvegliare il can che dorme. E siccome i voti di Mdp sono fondamentali ma lo sono anche quelli dei centristi di Alfano, lo ius soli può attendere. L’intenzione è quella di mettere in campo la legge sulla cittadinanza tanto richiesta a sinistra (da Giuliano Pisapia e, appunto, dai bersaniani di Mdp) dopo il via libera di Palazzo Madama alla legge di bilancio, prima di Natale. «Io non dico che voglio approvare lo ius soli, io voglio approvarlo davvero», chiosa Zanda.
Quanto alla legge elettorale, dopo il fallimento a giugno del tentativo di accordo Pd-Mdp-Fi-Lega sul proporzionale alla tedesca alla Camera, in casa Pd impera la prudenza. Anche in considerazione del fatto che il sistema attuale dei due Consultellum non dispiace al leader Matteo Renzi. Ma oltre alle resistenze politiche c’è anche un problema tecnico: l’emendamento approvato con voto segreto l’8 giugno scorso contro il volere del Pd e della maggioranza – motivo per cui l’accordo tra i 4 partiti è saltato e il testo è tornato in commissione – ha portato i collegi plurinominali previsti dal “tedesco” dai 225 iniziali a 231, misura che ha cancellato i collegi uninominali vigenti in Trentino Alto Adige e difesi strenuamente dalla Südtiroler Volksparte. Tanto che il partito delle autonomie ha chiarito che se si dovesse andare avanti su questa strada terminerà il suo appoggio al governo (e in Senato la Svp è decisiva). Ora, essendo stato approvato dall’Aula quell’emendamento con i 231 collegi è immodificabile. Il che vuole dire che qualsiasi legge elettorale dovesse venire approvata dalla Camera deve contenere il fatidico numero, ossia 231. Anche nell’ipotesi in cui, per fare un esempio, si volesse puntare sul ritorno ai collegi uninominali del Mattarellum (che alla Camera erano 475 e non 231). Quindi alla Camera o si approva una legge elettorale, “tedesco” o altro, che prevede 231 collegi facendo infuriare la Svp oppure si cancella tutto e si riparte dal Senato. Cosa che il capogruppo del Pd a Montecitorio Ettore Rosato al momento esclude. Più che un’impasse un imbuto. Politico e tecnico. Stamane l’ufficio di presidenza del Pd proverà a sciogliere la questione, ma alle viste c’è un nuovo rinvio.
Emilia Patta – Il Sole 24 Ore – 12 settembre 2017