I primi giorni di agosto del 2017 il Ministero della salute annuncia che l’Italia non è coinvolta nel problema delle uova contaminate dal fipronil. Forse le autorità sarebbero dovute essere più caute con i proclami e leggere con attenzione l’allerta inviata 15 giorni prima dalle istituzioni sanitarie del Belgio a tutti i paesi dell’Ue, per capire che evitare l’ennesimo scandalo alimentare non era così scontato. Il problema è scaturito da una società belga che ha venduto a mezzo mondo un antiparassitario denominato Dega 16, in grado di contrastare in modo efficace le pulci rosse negli allevamenti di galline ovaiole. La questione che ha scatenato il putiferio, è stata la presenza fraudolenta non dichiarata sull’etichetta del fipronil, un principio attivo il cui uso è vietato negli allevamenti di animali destinati al consumo umano. La notizia delle uova contaminate è rimbalzata nel mese di agosto su tutti i giornali con una visibilità spropositata, rispetto all’effettivo livello di rischio e al numero di casi evidenziati in Italia in quel periodo.
Per quanto attiene le possibili problematiche per i consumatori, le autorità sanitarie italiane hanno preso per buona la valutazione fatta dall’agenzia tedesca per la sicurezza alimentare BfR, che evidenziava una presenza non elevata di fipronil nelle uova e nei prodotti derivati limitato, e quindi un livello di rischio contenuto. Per questo motivo nella maggior parte dei casi le uova o i prodotti contaminati, sono stati ritirati dal mercato senza avvisare i consumatori (*). Solo quando le analisi hanno evidenziato il superamento della soglia limite, è scattato il richiamo (un provvedimento che prevede la diffusione di un’allerta ai consumatori da parte del produttore e del Ministero della salute).
Se sui giornali le notizie si sono progressivamente diradate (a fine agosto si trovavano solo articoli occasionali in cronaca locale che annunciano ritiri), nei laboratori italiani e negli uffici del Rasff a Bruxelles (dove si trova la centrale operativa del sistema di allerta rapido europeo) la questione è in ascesa. Ad oggi le nazioni coinvolte sono 48 (erano 34 una settimana fa) e gli avvisi di ritiro/richiamo insieme alle notifiche e agli aggiornamenti sulle indagini in corso sono 532 (erano 430 alla fine di agosto).
«Questa storia ha avuto una partenza in sordina – spiega Maria Caramelli direttrice dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte e della Liguria – ma quando a metà agosto sono iniziate le analisi, i nostri veterinari hanno esaminato 500 campioni in due giorni, e ancora adesso continua la richiesta da parte di Asl e di altri organi di controllo. Le ricerche di fipronil non riguardano solo le uova, ma anche prodotti alimentari come biscotti, tagliatelle e pasta preparati con uova in polvere la cui origine non è indicata in etichetta. Poi ci sono anche le carni di polli e tacchini da controllare. Per capire meglio le dimensioni dello scandalo bisognerebbe sapere per quanti mesi l’azienda belga ha venduto l’insetticida adulterato, e quanto ne è stato commercializzato in Europa e nel mondo». Se in Italia la questione fino ad ora sembra focalizzata soprattutto sulle uova, in altri paesi europei i prodotti da forno sono ampiamente coinvolti. L’ultimo caso è quello di Mondel?z che pochi giorni fa ha ritirato nella Repubblica Ceca un lotto di biscotti Zlaté.
C’è di più. Dopo l’invito diramato di recente dal Ministero della salute ad analizzare anche i mangimi, qualcuno sospetta che il fipronil possa essere stato aggiunto, a insaputa degli allevatori, nel cibo destinato ai polli, come profilassi per limitare il contagio dalla pulce rossa (prove sperimentali hanno dimostrato che la sostanza si accumula nelle uova e nella pelle degli animali e quindi svolge un effetto di profilassi mantenendo lontani gli insetti).
La questione del fipronil è iniziata come una crisi che secondo le prime valutazione del Ministero della salute non doveva interessare l’Italia, ma a distanza di un mese la situazione è profondamente mutata, con i laboratori intasati per via dei controlli e pochissime informazioni. Non è stata diffusa una lista dei prodotti richiamati o ritirati dal mercato e i comunicati sono stati pochi e confusi dimostrando per l’ennesima volta l’incapacità di gestire le crisi alimentari. Gli addetti al sistema di allerta con sede a Roma, sino ad ora hanno inviato a Bruxelles 30 notifiche su prodotti e uova. In 28 casi le segnalazioni sono state ritenute di livello “non serio”, e quindi si è proceduto al semplice ritiro dal mercato senza informare i cittadini. In un solo caso c’è stato un ritiro seguito da un richiamo e dall’annuncio del Ministero. Tutto ciò stride con quanto riportano le pagine dei i giornali che ogni giorno pubblicano in cronaca la notizia di qualche prodotto ritirato, alimentando la confusione. In Francia e Inghilterra le agenzie per la sicurezza alimentare (Anses e Fsa) aggiornano regolarmente le liste dei prodotti richiamati.
Il problema fipronil è grave non tanto per gli aspetti collegati al rischio sanitario dei consumatori, ma perché rivela come la furbizia e la malafede di un’azienda o di alcune persone, vendendo un prodotto contraffatto, possa mettere in crisi l’intero sistema di sicurezza alimentare europeo, coinvolgendo 48 paesi. Lo scandalo presenta pericolose analogie con la vicenda del 2005 del colorante cancerogeno Sudan, aggiunto in modo fraudolento al peperoncino per migliorare il colore rosso. Allora in Europa vennero richiamati e ritirati dal mercato migliaia di prodotti di centinaia di marche che avevano utilizzato il peperoncino, con danni economici gravissimi.
Cercare di prevenire questo tipo di incidenti è molto difficile, perché di fronte alla malafede e alla volontà di imbrogliare il prossimo le precauzioni servono a poco. L’unica cosa da fare in questi casi è comunicare subito agli altri Paesi coinvolti l’allerta e tenere informati i consumatori fornendo indicazioni chiare e adeguate con una valutazione del rischio. Questo aspetto della comunicazione ai cittadini è fondamentale, ma si tratta di un concetto che al Ministero della salute faticano a comprendere.
(*) L’OMS ha classificato il fipronil come “moderatamente tossico” per l’uomo e quindi un rischio per la salute pubblica è molto improbabile. Se anche si consumasse un uovo contaminato non succederebbe nulla perché i valori riscontrati nelle uova contaminate sono comunque molto bassi rispetto alla dose giornaliera accettabile che è stata stimata nell’uomo.
Roberto La Pira – Il Fatto alimentare – 10 settembre 2017