Gli esperti parlano di atmosfera “carica di energia”. «Più fa caldo d’estate, più l’aria si riempie di vapore acqueo. Vapore che si scarica in autunno» sintetizza Carlo Cacciamani, appena nominato responsabile di quel Centro Funzionale Centrale della Protezione Civile che sta diramando gli allarmi in molte Regioni. «L’estate torrida e il riscaldamento del Mediterraneo hanno causato un surplus di evaporazione. È tutta benzina che si aggiunge a una situazione già di per sé instabile. L’aria fredda che in autunno arriva da nord funge semplicemente da innesco». Il risultato: «Prima le situazioni eccezionali si presentavano ogni 15 anni. A partire dagli anni ‘90 abbiamo iniziato a registrarle più spesso. Ora le viviamo ogni anno » spiega Giampiero Maracchi, emerito di climatologia all’università di Firenze e presidente dell’Accademia dei Georgofili. A 73 anni, del passato è ben titolato a parlare. Da allora in Italia la temperatura è salita di quasi due gradi: un po’ più della media mondiale, pericolosamente vicino alla soglia considerata come “il punto di non ritorno”.
Il risultato: la parola più usata oggi fra i climatologi è “eventi estremi”. Un’estate “estrema” per caldo e siccità è una buona premessa per un autunno “estremo” per piovosità. E ora siamo esattamente nel punto di cerniera, fra le due oscillazioni del pendolo. «Le nostre previsioni restano valide solo per pochi giorni. Ma le condizioni per una stagione intensa ci sono tutte» spiega Cacciamani. Si spera che la pioggia allevi almeno la siccità. Ma il cambiamento climatico sembra essere una medaglia con entrambe le facce negative. «Per riempire le falde occorre che cadano 10 millimetri di pioggia al giorno per 20 giorni, non 200 millimetri in due ore. La quantità complessiva magari è la stessa, ma gli effetti proprio no» spiega Cacciamani. «Se l’acqua non fa in tempo a penetrare nel terreno non riempie le falde, finisce nei fiumi, provoca piene e spesso anche danni ». Mentre è proprio l’autunno, spiega Maracchi, la stagione cruciale per risolvere il problema della siccità. «L’inverno è spesso povero di neve e le piogge primaverili fanno bene ai campi, ma non riempiono le falde». Il climatologo su Firenze ha dati precisi. «In un anno piovono fra 700 e 900 millimetri. Dal 2000 in poi abbiamo registrato 30 episodi con più di 200 millimetri al giorno, spesso anche in poche ore». E questa situazione, aggiunge Cacciamani «è destinata non solo a durare, ma anche ad acuirsi».
A cambiare infatti «è stata la circolazione dell’atmosfera nel suo complesso» spiega Maracchi. Che da anni parla di «tropicalizzazione del clima in Italia». Nei dettagli: «L’aria calda dell’equatore sale nell’atmosfera per poi ridiscendere a latitudini più elevate. Prima questo avveniva all’altezza del Nordafrica. Ora, a causa del cambiamento climatico, avviene più a nord, cioè nel Mediterraneo ». Ecco spiegato l’installarsi sull’Italia per tutta l’estate dell’anticiclone libico, che ha scaricato ondate di calore a ripetizione. «Prima da noi la bella stagione era sinonimo di anticiclone delle Azzorre. Ora per trovarlo dobbiamo andare in Inghilterra» spiega ancora Maracchi.
La perturbazione di questi giorni, secondo gli esperti, rientra comunque nella norma. «Non sono piogge eccezionali per la stagione » dice Cacciamani. «Non possiamo certo attribuirle al cambiamento climatico. Ma ricordiamo che dalla grande alluvione del ‘94 in Piemonte i danni gravi sono spesso avvenuti a novembre ». Accadrà anche quest’anno? «È veramente presto per fare previsioni, ma dobbiamo lavorare per essere più pronti».
Repubblica – 10 settembre 2017