Mangiando pane e burro, il nemico della salute era considerato il secondo. Accade oggi, in realtà, che dopo anni di demonizzazione i grassi vengano riabilitati. Chi dovesse ritrovarsi in mano la rivista medica The Lancet, per esempio, si sentirà autorizzato a riprendere a spalmare sotto e sopra. «Per decenni – scrivono i ricercatori della McMaster University in Ontario, Canada – le linee guida sull’alimentazione si sono concentrate sulla riduzione dei grassi». Le alternative più pratiche, per raggiungere il giusto ammontare delle calorie giornaliere, finivano col diventare pane, pasta e cereali. «Ma gli individui che assumono molti carboidrati – cambiano rotta oggi i ricercatori canadesi – potrebbero trarre benefici per la salute da una loro riduzione e da un aumento del consumo di grassi».
Lo studio si basa sull’osservazione di 135mila persone in 18 paesi di 5 continenti. Per sette anni i ricercatori hanno sottoposto ai volontari questionari sulle loro abitudini alimentari, controllando periodicamente la salute del cuore. Poi hanno fatto le somme, calcolando quale rapporto fra carboidrati e grassi fosse collegato a una percentuale minore di malattie cardiovascolari. Il loro studio è stato presentato al congresso della Società europea di cardiologia che si è chiuso ieri a Barcellona.
«Una ragione c’è, per questa riabilitazione» spiega Stefania Ruggeri, nutrizionista e ricercatrice del Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria e docente all’università di Tor Vergata. «I cibi grassi saziano molto, e a lungo. Per questo vengono indicati in molte diete. I carboidrati raffinati invece hanno un alto indice glicemico. Vuol dire che fanno alzare la glicemia rapidamente. L’organismo reagisce producendo molta insulina, che riporta l’indice in basso, ma fa sentire subito fame. I grassi sono importanti, ma attenzione perché lo studio si concentra sulrischio cardiovascolare e su consumi molto alti di carboidrati. Non tiene conto di altri fattori di rischio legati all’alimentazione, come i tumori o la fertilità. Qui i grassi restano dei forti indiziati».
Ruggeri, che si trova negli Stati Uniti, in America, conferma che «anche qui la nuova moda di riabilitare i grassi si sente tutta». Un libro appena uscito,
The big fat surprise, (recensito con favore sempre da The Lancet) attribuisce a una sorta di complotto scientifico l’anatema contro questi nutrienti. La rivoluzione del pane e del burro operata dai ricercatori canadesi (meno dirompente di quanto non appaia, a guardare i numeri) consiglia di portare al 35% le calorie giornaliere fornite dai grassi rispetto al 30% massimo delle linee guida attuali. Il tetto dei carboidrati, che oggi è fissato al 60% dovrebbe secondo The Lancet scendere al 50-55% (mai sotto). Il panetto di burro andrebbe sì intaccato, ma continuando a non abbondare. E con l’introduzione di ricette nuove come pane e olive e pane e salmone, oltre alla cara vecchia bruschetta con l’olio di oliva. «I grassi del pesce o quelli di origine vegetale, i cosiddetti polinsaturi, sono importantissimi nella dieta» prosegue Ruggeri. «Alcune barrette per dimagrire contengono frutta secca, altra fonte importante di polinsaturi. Si tratta di nutrienti che in genere non premiamo nella nostra dieta, ma che hanno benefici importanti per la salute del cuore».
Nel consigliare di ridurre un alimento a favore di un altro, poi, molto dipende dal punto di partenza. Il pregio dello studio di The Lancet è di tenere conto di paesi solitamente trascurati dalla scienza, come quelli africani o asiatici, in cui il riso a volte fa salire al di sopra del 70% la quota di calorie fornite dai carboidrati. «Lì ha senso riequilibrare la dieta» prosegue la ricercatrice del Crea. «Troppi carboidrati vanno indubbiamente evitati, soprattutto zuccheri e farine raffinate. Ma a noi non c’è bisogno di consigliare un aumento dei grassi. Abbiamo già un’alimentazione fortemente sbilanciata verso le fonti animali. Anche chi è a dieta ferrea fa fatica a scendere sotto al 30% di grassi».
Repubblica – 30 agosto 2017