Il leone sventolerà su uffici statali e su «beni, opere e servizi realizzati col contributo della Regione»
Il consiglio regionale ha approvato ieri, con 31 voti favorevoli (la maggioranza allargata agli ex tosiani più Pietro Dalla Libera, che pur eletto col centrosinistra ormai da tempo vota in sintonia con Lega e Forza Italia), 6 contrari (il Pd), un astenuto (Marino Zorzato), 5 non votanti (il Movimento 5 stelle) e parecchi assenti, la nuova legge sull’utilizzo dei simboli della Regione, dalla fascia alla bandiera, dal gonfalone al sigillo.
Un via libera arrivato nonostante l’ufficio legislativo avesse dato parere negativo sul previsto obbligo di esporre la bandiera in tutti gli uffici statali, dalle prefetture ai tribunali, dalle caserme dei carabinieri alle questure, addirittura con sanzioni in caso di violazione, avvertendo dell’illegittimità della norma e mettendo in guardia la commissione Affari istituzionali sulla possibile impugnazione da parte del governo davanti alla Corte costituzionale. «Siamo orgogliosi di essere veneti» ha sentenziato la relatrice Silvia Rizzotto, che ha ritoccato su questo punto il testo originario (la legge è del 1978 ed era stata aggiornata nel 1998) direttamente su richiesta del governatore Luca Zaia, «e ci teniamo che i nostri concittadini conoscano i simboli della loro terra. Ci sono polemiche per via delle sanzioni (da cento a mille euro, ndr ), e qualcuno addirittura paventa ricorsi alla Consulta, ma l’esperienza ci insegna che questo è l’unico modo per far rispettare un obbligo, come conferma il fatto che già oggi quello di esporre la bandiera della Regione non viene rispettato da alcuni enti strumentali dell’ente. Nessuno scandalo: chi viola gli obblighi previsti per il tricolore italiano finisce addirittura nel penale». E il presidente dell’assemblea, Roberto Ciambetti, ha rincarato quasi stupendosi: «Molti uffici dello Stato sono “ospiti” in immobili della Regione e pagano affitti irrisori, mi sembra doveroso che accettino di esporre la nostra bandiera». Rizzotto smentisce poi che questo provvedimento sia stato una perdita di tempo («Uscito dalla commissione a maggio 2016, è arrivato in aula solo ora e ci ha impegnati sì e no 6 ore») ma il dibattito è stato comunque molto accesso e non ha lesinato momenti surreali, come la richiesta di andare a contare tutte le aste che dovranno essere montate in Veneto per ospitare le relative bandiere o quella di sostituire le sanzioni con un incentivo, della serie: «Ti do 50 o 100 euro se esponi la bandiera».
Tra gli altri i punti che più hanno scatenato le opposizioni, la libertà lasciata ai presidenti di giunta e consiglio di indossare o meno la fascia «rosso Tiziano» col leone alato di San Marco («Dipende da come si svegliano al mattino? – si è chiesto Piero Ruzzante di Mdp – non amo questi esibizionismi da Prima Repubblica ma almeno per i sindaci c’è l’obbligo di indossare la fascia nelle occasioni ufficiali, perché qui no?»), l’esiguità della norma finanziaria, appena 50 mila euro che certo non basteranno se davvero la Regione si dovrà far carico di acquistare bandiere per tutti gli enti e le scuole che ne faranno richiesta, e il passaggio sull’obbligo «di apporre lo stemma della Regione su tutte le opere, beni o servizi realizzati o acquistati da enti pubblici o da privati con il contributo, anche parziale, della Regione». Si è chiesto polemicamente il dem Graziano Azzalin, «quindi gli studenti che godono del bonus scuola devono girare col fazzoletto marciano appeso allo zainetto?». Resta il dubbio, al di là dello scontro politico, di come effettivamente si potrà controllare un domani il rispetto di queste severe disposizioni. «È una legge insensata» è sbottato Marino Zorzato.
Nell’opposizione, peraltro, in molti sono convinti che la maggioranza sia voluta andare avanti comunque, nonostante la paventata incostituzionalità, proprio per creare un nuovo «incidente» sull’asse Roma-Venezia e poter gridare allo Stato centralista e prevaricatore. «La lesione del principio di leale collaborazione è evidente se si pretende di “multare lo Stato”» commenta il dem Claudio Sinigaglia. Nessuna sanzione è invece prevista, il punto è stato chiarito, a carico dei privati, che comunque vengono esortati da Maurizio Conte e Giovanna Negro, con un apposito ordine del giorno, a seguire l’esempio americano, appendendo fuori da ogni casa il vessillo del leone marciano. «Ma a casa loro ci sarà?» si è chiesto sibillino qualche leghista, che non vede di buon occhio i «tosiani», seppur redenti come Conte .
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 30 agosto 2017