Andrea Zambenedetti. «Al lupo! Al lupo!» grida il Veneto che vuole scappare dal progetto europeo Life Wolfalps. Un piano che i lupi doveva riportarli su Prealpi e Dolomiti, proteggerli e magari anche sfruttarli come risorsa turistica. Il consiglio regionale invece ha affidato alla giunta il mandato per innestare la retromarcia.
Le stime ufficiali dicono che ci sono 14 lupi in tutto il Veneto, concentrati nella zona della Lessinia (provincia di Verona) ma i numeri faticano a tornare. Oltre al branco storico e censito in Veneto i tecnici della Regione hanno comunicato la presenza di un nuovo branco nell’Altopiano di Asiago e altre due coppie tra la Valbelluna e il Montegrappa.
La selvaggina o gli animali d’allevamento predati sono numerosi e i danni provocati dai lupi sono stati segnalati anche a centinaia di chilometri dall’area in cui il primo branco è stato censito. Da Vicenza fino a Belluno sono ormai quotidiani i report degli allevatori costretti a fare i conti con le perdite dei propri capi di bestiame. Il lupo è del resto un animale molto mobile, capace di coprire grandi distanze nell’arco di poco tempo. Una circostanza che complica, e non di poco, stime e censimenti. Insomma a questo punto servono numeri più precisi e la Regione ha deciso di intervenire con nuovi fondi.
Quello che appare probabile è che in Veneto il lupo non avrà vita semplice e difficilmente potrà raggiungere i numeri del resto d’Italia (in Toscana sono 300, almeno 2000 in tutta Italia). Nei sentieri della Prima guerra mondiale, tra Cima Grappa e l’Altopiano di Asiago, i lupi non si vedevano da decenni: un ritorno che ha colto più di qualcuno di sorpresa. Contrapponendo all’entusiasmo degli amanti della natura, prese di posizioni decise da parte di allevatori e di chi vive in montagna e ora teme di imbattersi nel lupo.
L’ultimo assalto in ordine di tempo è andato a segno la notte scorsa sul Col Visentin, al confine tra Belluno e Treviso. Il bilancio è di almeno dieci pecore morte, alle quali vanno sommate quelle ferite e quelle disperse, per un totale che sfiora i cento animali. Nell’altopiano di Asiago il lupo è anche riuscito a cacciare le pecore rinchiuse nel recinto elettrificato, tanto da spingere i residenti a parlare di situazione fuori controllo. Poche settimane prima, un lupo aveva invece azzannato una pecora sotto gli occhi dell’allevatore che accompagnava il gregge nel recinto.
«La pressione demografica del lupo sui nostri altopiani è un problema reale – ha spiegato il presidente della Regione Luca Zaia dopo la decisione del consiglio – vorremo capire quali sono le misure di contenimento che possiamo adottare visto che non è una specie cacciabile. Ogni notte ci sono aggressioni a pecore e ad altri animali che hanno pari diritto di vivere».
Così il Veneto, che sul progetto Wolfalps ha già investito 130 mila euro ottenendone 430 mila dalla Comunità europea, valuta di uscire dal piano di tutela. A fare pressing per primo è stato Sergio Berlato, un punto di riferimento per le doppiette venete e consigliere regionale di Fratelli D’Italia. Dopo aver ironizzato sottolineando che «non è possibile installare dei distributori automatici di preservativi per lupi» rispondendo a chi suggeriva di procedere con le sterilizzazione, ha proposto alla Regione l’uscita dal progetto europeo. Una decisione che ha diviso il palazzo in riva al Canal Grande. Non la gente di montagna che, probabilmente anche a causa di qualche ritardo nelle forniture dei recinti elettrificati e degli indennizzi, ora si dice esasperata. Rabbia e frustrazione degli allevatori a parte, contenere i danni dei lupi sembra un’impresa ardua. Spostarli altrove vorrebbe dire, probabilmente, alterare qualche altro ecosistema. Il progetto scade a primavera del 2018. Trovare una soluzione nei prossimi nove mesi sembra tutt’altro che semplice. Nel dubbio, davanti al lupo, il Veneto ha deciso che è meglio scappare.
La Stampa – 26 agosto 2017