«La sanità ha subito e sta subendo importanti trasformazioni. La nascita dell’Ulss 5 non ha modificato la situazione, con il Polesine che resta un territorio molto più debole rispetto alle altre aziende che hanno un ospedale hub». A dirlo è Davide Benazzo, segretario della Cgil Funzione pubblica, analizzando i numeri poco confortanti degli ultimi anni. «Il riparto provvisorio regionale ha decretato per la nostra Ulss 22,5 milioni in meno dell’anno precedente, mentre si mantiene invariato il badget economico per le strutture private. Le linee guida per gli atti aziendali prevedono la riorganizzazione di area amministrativa, distretto e dipartimento di prevenzione. Poco significativi i vari risultati d’esercizio, che evidenziano passivi molto più importanti per l’ex Ulss 18 rispetto all’ex Ulss 19, perché se andiamo a dividere il riparto provvisorio, il valore e il costo della produzione per il numero di residenti, ci si accorge che i singoli cittadini del Polesine hanno beneficiato di un finanziamento pro-capite sostanzialmente identico. È assurdo continuare a dire che unificare le due Ulss serve a far pagare i debiti della 18 ai bassopolesani». Benazzo sottolinea la costante e considerevole riduzione del costo del personale, 6 milioni dal 2010 al 2016, pari al 4% del totale. «A sostanziale mantenimento del valore del riparto e del valore della produzione, si è registrato un costante calo del costo della produzione, che in sei anni ha determinato 28 milioni in meno spesi per la sanità del nostro territorio, cui si aggiunge un’ulteriore riduzione nel previsionale di 12 milioni, da associare alla forte riduzione, mai successo in precedenza, del riparto provvisorio per il 2017. L’anno in cui si decreterà il futuro della sanità del Polesine sarà il 2018, quando saranno fatte le schede ospedaliere. Con quanto successo finora, sarà deciso che il Polesine sarà periferia sanitaria di serie B di Padova, Venezia e Verona». Le risorse che mancano per la prima volta in maniera così drammatica e che si evidenziano nei bilanci, determineranno, se non vi sarà una sostanziale retromarcia della Regione, un taglio notevole che si abbatterà su due fronti: forte contrazione dei servizi nell’ospedale di Adria, desumibile visto il mantenimento del finanziamento di Porto Viro che diventerà centrale per il Basso Polesine; riduzione delle alte specialità, determinando che l’ospedale di Rovigo non sarà più hub e il conseguente spostamento di risorse e servizi verso Padova. «Spetta alla politica determinare un cambiamento. O si modifica il finanziamento e quanto scritto nel bilancio di previsione, che a queste condizioni chiuderà con un grande passivo, o quanto abbiamo fatto qualche anno fa, abbracciando l’ospedale di Rovigo, sarà stato vano». (Marco Scarazzatti)
IL GAZZETTINO – Giovedì, 24 agosto 2017