Avanti Veneto, con le Scuole. Ipotetico giro d’Italia tra Scuole universitarie di specializzazione medica: se esistesse, la terra dei capannoni sarebbe una pesantissima candidata alla maglia rosa finale. Lo dice, indirettamente, l’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica. Ieri, il Corriere della Sera ha anticipato i contenuti del dossier che il pool di esperti, guidati dall’endocrinologo padovano Roberto Vettor, ha da poco inviato ai ministeri della Salute e dell’Istruzione. Le pagine, ora al vaglio dei tecnici governativi, svelano alcune «magagne» del settore. Quasi una su dieci delle Scuole italiane (9,4 per cento) non rispetterebbe i requisiti e gli standard indicati dal decreto ministeriale 402. Pubblicato il 13 giugno scorso, il testo di legge disciplina la valutazione delle «fabbriche» che sfornano rianimatori, oncologi, ortopedici, chirurghi del cuore eccetera: in tre parole, i nostri medici di domani. L’Osservatorio (un’emanazione del Miur, il ministero per l’università e la ricerca)ritiene che 135 scuole su 1.433 non siano in grado di formare al meglio i camici bianchi. Presenza di spazi adeguati e laboratori specifici negli atenei; certezza circa gli standard assistenziali di alto livello negli ospedali in cui si svolge il tirocinio del medico in formazione; che esistano indicatori di performance per l’attività scientifica dei docenti: solo il 47,2 per cento delle scuole specialistiche rispetterebbe appieno questi criteri. Per un altro 43,3 per cento, l’osservatorio suggerisce ai ministri un’autorizzazione con riserva; da «bocciare» la fetta che rimane per fare cento. Nel girone degli «ultimi», il dossier include anche quattro scuole di specializzazione medica del Veneto. A Padova, quelle di chirurgia maxillo-facciale, medicina termale, quindi Farmacologia e tossicologia clinica. A Verona, invece, lo stop è stato chiesto per statistica sanitaria e biometria. I numeri, dunque, promuovono il Veneto: il freno invocato dagli esperti tocca appena il 3,3 per cento delle 120 scuole padovane e veronesi. A ben vedere, tuttavia, la performance della didattica medica regionale è ancora più elevata. «La scuola di specializzazione in statistica medica e biometria – fa sapere Alfredo Guglielmi, presidente della scuola di Medicina di Verona – non è mai stata attivata e non lo sarà nemmeno quest’anno. Abbiamo appena iniziato l’iter e ci sono due anni per aderire ai parametri previsti dal Miur». Perché «bocciare» una struttura che ancora non esiste? Alla domanda, giustamente, Guglielmi risponde: «Chiedete al ministero». Ma anche Padova ha ampie giustificazioni da portare per i tre «respingimenti». Maxillo-facciale aveva un unico insegnante, Giuseppe Ferronato. Il professore, appassionato di trekking, lo scorso marzo, è stato ucciso da un infarto durante un viaggio in Costa Rica: per un nuovo docente serve il concorso e, si sa, ci vorrà tempo. Medicina termale, spiega una fonte qualificata, neppure doveva presentare la domanda di accreditamento: «Quella scuola, per tradizione, è a Roma». Infine farmacologia. «La scuola è collegata a quella dell’università di Milano, che è accreditata», quindi autorizzazione per osmosi. Avanti Veneto, Veneto davanti. Appunto.
Il Corriere del Veneto – 22 agosto 2017