Un’azione legale congiunta – di otto Paesi Ue insieme – in Cina per chiedere l’annullamento di 25 marchi regitrati, a Pechino, con la stessa denominazione di altrettante Dop e Igp europee.
Otto Stati Ue contro la Cina
Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Germania, Ungheria e Romania sarebbero sul punto di far partire un’azione legale comune, con l’obiettivo di rafforzarne l’efficacia. La notizia – anticipata da Euractiv – è in un documento del ministero dell’Agricoltura greco dell’8 agosto ed è stata confermata da fonti Ue.
In pratica – si evince dal documento – nel corso dell’11° round di colloqui tra Ue e Cina che dovrebbero portare, entro dicembre, a un accordo per la tutela reciproca di 200 (100 per parte) prodotti Dop e Igp, la Cina avrebbe detto sì al riconoscimento delle Igp in base a un meccanismo di “coesistenza” con propri prodotti analoghi e rifiutandosi di discutere la cancellazione dei 25 marchi (per lo più vino, liquori e formaggi) del tutto simili ai corrispondenti originali europei. Da qui la decisione degli 8 Stati membri (non come Ue) di procedere con una causa congiunta.
Per l’Italia – al momento – sembrerebbe coinvolto solo l’aceto balsamico (molto contraffatto in Cina). Per la Grecia si parla di feta e vino di Samos. Per la Spagna di olio. Per la Francia, di vini.
«L’obiettivo dell’accordo in corso di negoziazione – ha spiegato uno dei protavoce della Commissione Ue – è di ottenere il miglior risultato possibile, anche per i produttori che affrontano la concorrenza dei prodotti già registrati come marchi in Cina e non originari dell’Ue. I produttori di Dop e Igp possono, infatti, ottenere protezione in Cina sia attraverso un meccanismo di “coesistenza” con il marchio locale precedente, sia percorrendo la strada delle vie legali».
I sequestri di falsi nella Ue
Intanto, crescono gli articoli sequestrati (e il loro valore). Ma diminuiscono i casi, cioè il numero degli interventi. Si confermano contraddittori i dati sui sequestri di prodotti falsi operati, nel corso del 2016, dalle Autorità doganali europee e resi noti, a fine luglio, dalla Commissione Ue attraverso il Report on EU customs enforcement of Ip rights 2016.
Più «pezzi» sequestrati
L’anno scorso, le dogane europee hanno fermato più di 41 milioni di prodotti falsi e contraffatti (+2% rispetto ai 40,7 milioni del 2015), per un valore complessivo di merce pari a 672 milioni di euro (rispetto ai 642 milioni del 2015). Se si considera che nel 2015 i “pezzi” sequestrati erano cresciuti di oltre 5 milioni di unità (pari al 14% in più sul’anno precedente), il 2016 sembra aver accorciato il passo.
A risultare in crescita sono nche le richieste di intervento rivolte alle Dogane da parte dei titolari di marchi, design, brevetti e diritti d’autore. Un meccanismo alimentato dal regolamento 608/2013 (e applicato dal 2014). In pratica, è più facile identificare merci in ingresso sospettate di violazione se sono le aziende titolari a chiedere alle Dogane di attivare controlli specifici, fornendo loro le specifiche per ”distinguere”gli originali.
I “falsi” più sequestrati? In cima, come sempre, le sigarette (oltre 9,9 milioni di pezzi), seguite dai giocattoli (86,8 milioni) e dai generi alimentari (5,3 milioni). In termini di valore, le circa 5mila unità di orologi contraffatti sequestrati staccano tutti gli altri generi di prodotti, con 109 milioni di euro.
Ma meno interventi
Tuttavia, sono in calo il numero di casi (cioè di interventi di sequestro), passati dagli oltre 81mila del 2015 ai 63.184 del 2016 (ma nel 2014 erano stati oltre 95mila). I motivi sono diversi.
«Negli ultimi anni – ha spiegato Claudio Bergonzi, segretario generale di Indicam (associazione anticontraffazione che riunisce grandi marchi, associazioni di categoria e studi legali)– la filiera del falso ha molto modificato le strategie di elusione dei controlli».
Se, in termini di pezzi, il 67% degli articoli fermati arriva ancora via mare, quando si ragiona in termini di procedimenti, 8 su 10 riguardano lo stop di spedizioni di “piccoli pacchi” per posta o corriere, che danno meno nell’occhio e sono più difficili da intercettare. «Mandando in tilt – aggiunge Bergonzi – le analisi dei rischi che sulle grandi navi container via mare hanno ormai raggiunto livelli di elevata efficienza. Mentre non esistono modelli o pratiche applicabili alle merci che arrivano con piccole spedizioni o per corrieri agli hub aeroportuali. Un sistema ancora più debole in quei Paesi che hanno Dogane già orientate da sempre a lasciare passare». L’Italia, poi, ha una difficoltà in più. L’obbligatorietà dell’azione penale ai sequestri per contraffazione ha reso, di fatto, difficile l’applicazione del regolamento Ue 608/2013. Perchè si applica indistintamente al container con migliaia di falsi in porto e al paio di scarpe fake arrivato per corriere, rallentando l’attività doganale e ingolfando i tribunali.
Dalla Cina 8 falsi su 10
La Cina resta leader indiscusso per provenienza di prodotti falsi: l’80% sono arrivati da lì nel 2016. Seguita da Hong Kong. Grandi quantità di sigarette provengono, poi, da Vietnam e Pakistan, mentre Singapore è la fonte principale per gli alcolici contraffatti. Ma se si guarda al valore dei prodotti falsi, poco meno di due terzi dei beni arriva dalla Cina. Il resto parte da Hong Kong, Turchia, Emirati Arabi e Pakistan.
Laura Cavestri – IL Sole 24 Ore – 19 agosto 2017