Negli Stati Uniti, la carne contaminata proveniente dagli allevamenti di bovini, suini e pollame, provoca ogni anno circa due milioni di ammalati, corrispondenti a circa il 40% di tutte le malattie di origine batterica alimentare. Il costo annuale delle malattie attribuibili a questi alimenti – in termini di costi medici diretti, produttività e perdita di reddito – è stato stimato in 2,5 miliardi di dollari per il pollame, 1,9 miliardi per il maiale e 1,4 miliardi per la carne bovina.
La maggior parte delle contaminazioni avviene durante o dopo la macellazione, attraverso il contatto con il materiale fecale, la pelle degli animali, il contenuto gastrointestinale, i linfonodi o l’ambiente di macellazione. Alcuni interventi nella fase della macellazione e in quella successiva possono ridurre i rischi di contaminazione ma secondo molti esperti di sicurezza alimentare, per proteggere la salute pubblica, sarebbe necessario un approccio globale, che inizi sin dall’allevamento.
Il Pew Charitable Trusts ha pubblicato un dossier in cui esamina le misure di sicurezza alimentare attualmente utilizzate nelle fattorie e negli allevamenti intensivi, prendendo esempio dalle pratiche innovative di alcuni paesi, come quelli scandinavi, che vedono spesso un partenariato tra governo e industria della carne. L’approccio suggerito è quello globale, dall’allevamento alla tavola. Il dossier (Food Safety from Farm to Fork) evidenzia la necessita di procedere in una direzione che richiede collaborazione tra le parti interessate, azioni durature, un approccio integrato e non solo interventi isolati. Sinora, ad eccezione della biosicurezza e della sicurezza di mangimi e acqua, non esiste alcun intervento pre-macellazione universale efficace e fattibile per tutti gli animali contro tutti gli agenti patogeni nei vari sistemi di allevamento. I vari interventi devono essere mirati.
Il Pew Charitable Trusts raccomanda l’uso di prebiotici e probiotici, che contengono alcuni zuccheri e batteri benefici in grado di evitare l’attacco degli agenti patogeni al tratto intestinale degli animali.
Tra i protocolli adottati da altri paesi, il dossier cita l’esempio di Svezia e Finlandia, che usano misure come il riscaldamento ad alte temperature degli alimenti per il pollame, per uccidere i batteri, riducendo significativamente la presenza di Salmonella e Campylobacter. In Danimarca si è intervenuti con decisione sulla biosicurezza degli allevamenti di volatili promuovendo una pulizia rigorosa dopo la macellazione, prevedendo un periodo di “riposo” di 10-14 giorni, prima di introdurre altri animali. Tra il 1994 e il 2005, queste misure hanno ridotto significativamente le infezioni di Salmonella nella popolazione danese, con circa 600.000 casi in meno e circa 600 morti evitate.
Il Fatto alimentare – 7 agosto 2017